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Perché Doina deve restare in carcere? «Ha usato l’ombrello come un’arma»

«Avendo usato un ombrello, Doina Matei non poteva non accettare il rischio dell’evento letale». Per i giudici quindi l’ombrello sarebbe stato «maneggiato dalla romena come un’arma impropria da punta», ossia come una spada.
Con questa motivazione, il tribunale del Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata il 21 maggio dai legali di Doina Matei accusata di omicidio volontario aggravato dai futili motivi nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Vanessa Russo, deceduta dopo che le era stato trafitto un occhio con un ombrello il 26 aprile scorso. In sostanza i giudici del Riesame, presieduti da Taurisano, in merito all’elemento materiale del reato hanno ribadito che a provocare la morte di Vanessa Russo sia stato l’ombrello impugnato da Doina. In merito all’elemento psicologico i giudici hanno ricordato le testimonianze acquisite dagli inquirenti e che pertanto «il quadro attuale determini allo stato l’esistenza del dolo omicidiario».
Sulle dichiarazioni di Doina, ossia «che avrebbe reagito a un’aggressione inoltrata dalla Russo», il Riesame ha invece ritenuto che «la condotta assunta dalla vittima non interagisca con l’azione omicidiaria». I giudici hanno infine deciso che sussiste il pericolo di fuga, episodio già avvenuto il 29 aprile a Tolentino, nelle Marche.

«Non condividiamo quanto asserito dal Riesame - hanno detto De Napoli e Testa Piccolomini, i legali della Matei - che conferisce una micidialità oggettiva all’ombrello, che oggettivamente non è uno strumento micidiale, ma che viene considerato come una vera a propria arma.

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