Guerra Libia

Perché dalla guerra noi abbiamo soltanto da perdere

Ci assicurano che Gheddafi non ha missili per colpirci e che perciò possiamo stare tranquilli. Bè, a me non basta per accettare l’idea di fargli la guerra. Ho letto le ragioni invocate per la campagna militare: i motivi umanitari, la crudeltà del rais, il futuro della gioventù araba, ecc. Egualmente, da cittadino comune, non capisco perché l’Occidente si creda in diritto di attaccare la Libia e meno che mai mi rallegro che l’Italia guidata da Berlusconi si sia allineata alla decisione.
Gheddafi è un comune tiranno arabo come tanti nella regione. Lo è da 41 anni, è stato mandante della strage di Lockerbie e nella discoteca tedesca. Da diversi anni ha però scelto la legalità internazionale e i suoi uomini siedono nel consigli di amministrazione dell’Occidente. Dunque, dargli del terrorista oggi che non lo è più, è un controsenso e non giustifica la guerra. Quella libica è una tirannia? Non lo è anche quella siriana, iraniana, sudanese, solo per stare negli immediati dintorni. Che si fa, si bombarda tutti?
Si dice: il rais sta combattendo i suoi stessi connazionali. Ma che deve fare uno Stato se un gruppo di cittadini si ribella, non con manifestazioni di piazza come in Tunisia e in Egitto, ma con bombardamenti e cannonate come in Cirenaica? Non ha forse il diritto - e l’obbligo morale verso il Paese - di riportare l’ordine? Si chiamano guerre civili e ci sono passati tutti. In primis, europei e americani che oggi in Libia si ingeriscono, come se l’avvenimento fosse inaudito, in nome dell’emergenza umanitaria. Per tacere dei morti che la «pacificazione» porterà con sé.
Ma poi su che basi il galletto francese e gli altri Rambo scelgono di appoggiare i ribelli anziché i seguaci del leader libico? Secondo quale criterio gli uni sono i buoni e gli altri i cattivi? Se parliamo di numeri, tutto fa pensare che i sostenitori del rais siano la maggioranza del Paese e allora con quale raziocinio noi stranieri dovremmo appoggiare una minoranza? Perché si rivoltata contro Gheddafi che a noi non piace? Ma a tanti libici piace. Oppure perché ci siamo fitti in capo che sono giovani, navigano su internet e sognano una democrazia all’occidentale? È quello che ha detto con ciglio bagnato Napolitano parlando di un «nuovo risorgimento del mondo arabo» che va protetto come una primula dal gelo. Chissà a quali fonti esclusive si è abbeverato il presidente, visto che l’intera vicenda libica è dominata dalla disinformazione. Noi, meno privilegiati di lui, ci limitiamo a ricordare che, appena conquistata la loro fetta di sabbia, gli insorti hanno proclamato un Califfato vattelappesca. Il che, con buona pace di Napolitano e Sarkozy, la dice lunga sulla china delle cose.
Gheddafi è tacciato di inaudita crudeltà. Quello cui l’Onu aveva affidato la commissione sui diritti umani - e che ora vuole morto - è da qualche settimana il «sanguinario» dittatore. Lo dicono gli inviati tv sul posto che, scomposti ed eccitati, hanno cercato di convincerci che in Cirenaica sia in corso la conta finale tra Bene e Male. Dunque, giusto abbatterlo. Che il rais sia un poco di buono non ci piove. Ma se il criterio è quello delle mani grondanti, che dire allora del suo vicino, il despota sudanese Al Bashir? È quello del decennale genocidio dei suoi compatrioti nel Darfur: 300mila morti, 2,5 milioni di profughi. Se è lo spirito umanitario a guidare Sarkozy & co. in Libia perché non spingersi fino a Khartum e dare una lezione anche a quel tirannello islamico? Perché solo Gheddafi? Petrolio e vite da salvare ci sono anche altrove. Ma loro, chissà perché, puntano a Tripoli.
L’errore del rais è stato privilegiare Silvio Berlusconi. Il Cav lo ha tanto imbambolato che quello ci ha riempito di idrocarburi e annessi. Può darsi che al fondo dell’eccitazione bellica del galletto parigino ci sia l’invidia per quei trafficoni di italiani. Ciò che è certo, è che la guerra alla Libia è un attacco all’Italia e ai suoi interessi. Noi a Tripoli ci stavamo benissimo. Eravamo i primi partner commerciali, dopo avere sepolto il passato con un trattato di imperitura amicizia tra ex colonizzatori e colonizzati. Con la guerra, abbiamo perso tutti i vantaggi e si riparte da zero. Prima di bastonare il rais, i franco-anglo-americani hanno dunque randellato noi. Sa perciò di beffa l’attuale alleanza con chi ci ha turlupinato. Il governo spiega che è necessario partecipare alla guerra - aldilà delle fanfaluche umanitarie - per sedere al tavolo della pace e spartire il bottino. Ma, in ogni caso, sarà meno di ciò che già avevamo.
Non sarebbe stato meglio mediare tra Occidente e Libia, fare capire che non si entra in casa altrui a capriccio solo perché si ha la bomba più grossa? Magari andando incontro a qualche attrito con Obama e il galletto ma facendoci rispettare. Certo, i palestrati avrebbero egualmente fatto di testa loro, ma sapendo che gli stavamo col fiato sul collo. Tanto più che eravamo in ottima compagnia con la Germania che all’Onu si è astenuta. Potevamo dichiararci neutrali anche noi, in coerenza con i nostri sentimenti e con gli interessi calpestati. Insomma, mettere almeno il broncio. Invece, ci siamo precipitati a sospendere il trattato di amicizia col rais, in vigore da pochi mesi, rinfocolando la nomea dell’Italia voltagabbana e inaffidabile. Per poi infilarci l’elmetto, fingendoci entusiasti, e offrire sette - dico sette - basi militari per portare le bombe in Libia e rivendicando come un onore il coordinamento delle operazioni. Per me, è intrappolarsi da soli.
La guerra l’hanno voluta insieme maggioranza e opposizione (con un’astensione per parte, Lega e Idv), ma sotto schiaffo è solo il Cav. Se va storto pagherà lui. A naso, direi che il grosso degli elettori di centrodestra è contraria. Berlusconi fa sapere di essere stato trascinato dagli eventi. Non è una scusa da statista. Vero è che la mosca cocchiera è stata Napolitano. Con un profluvio di dichiarazioni si è detto per la guerra con Obama e il premier anziché metterlo a tacere - «governo io!» - si è fatto prendere la mano.
Cav mi consenta: non ascolti mai gli ex comunisti quando ci sono di mezzo gli Usa. Ricorda come D’Alema si mise sull’attenti davanti a Clinton ficcandoci nella guerra serba? È un riflesso condizionato. Per farsi perdonare il servilismo con Mosca, oggi sono proni a Washington. Abituati a obbedire, hanno spento il cervello.

Non li segua su questa strada che a ogni ora si lastrica di nuovi morti.

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