Se lo Stato mi chiede il 50 per cento e passa di tasse è una richiesta scorretta e io mi sento moralmente autorizzato a evadere, per quanto posso. Questa frase che il premier Silvio Berlusconi ha pronunciato nel 2004 in una conferenza stampa, secondo Pierluigi Bersani «inchioda» il premier sull'evasione fiscale. Ciò in relazione al fatto che a Ballarò il premier ha sostenuto che è una menzogna che lui abbia mai giustificato l'evasione fiscale.
In effetti Berlusconi non ha fatto altro che citare una frase che si legge nel mio libro, «Principi di economia pubblica», a pagina 411. In cui, nello spiegare il grafico che mostra come l'evasione fiscale tenda a essere funzione crescente delle aliquote, io commento la linea del costo dell'evasione in rapporto al ricavo consistente nel risparmio d’imposta ottenuto e spiego che tale costo, oltre una certa aliquota, è decrescente, sia perché le spese per evadere sono in gran parte costi fissi o decrescenti e sia perché «la norma etica di pagare le imposte, quando esse risultano assai elevate, si affievolisce». Non è, ovviamente, un incitamento a evadere, ma una constatazione.
L'economista Bruno Frey, professore all'Università di Zurigo, ha scritto vari saggi sul ruolo della morale tributaria, con riguardo all'evasione, dal punto di vista teorico ed empirico. E ha collegato questi studi a quelli dell'economia sommersa, che sono in particolare svolti da Friedrich Schneider, professore all'Università di Linz. Frey sostiene che fra le componenti della morale fiscale vi è il senso di partecipazione del cittadino alla cosa pubblica, particolarmente vivo negli Stati federali come la Svizzera.
Ma a mio parere il fatto che in Svizzera le imposte siano basse e spese bene, accresce la morale fiscale. In Svezia ci sono imposte molto alte, ma la spesa pubblica è molto efficiente e la pubblica amministrazione è al servizio del cittadino, in modo zelante. In effetti San Tommaso sostiene che le leggi ingiuste non vanno rispettate e che i tributi vanno pagati se hanno una causa giusta, che non consiste solo nel fatto che derivino da una legge del sovrano. E del resto la Costituzione italiana stabilisce che «tutti sono tenuti alle spese pubbliche in relazione alla loro capacità contributiva».
Esiste una vasta dottrina tributaria che afferma che le imposte con aliquote molto alte, che privano sostanzialmente il contribuente del suo diritto di proprietà e di iniziativa o della retribuzione del lavoro, sono incostituzionali. E da questo punto di vista l’affermazione di Silvio Berlusconi ha non solo il valore di una constatazione relativa al sentimento morale, ha anche implicazioni giuridiche. Il professor Gaspare Falsitta ha dedicato un saggio del 2010 nella «Rivista di diritto tributario» al tema dei divergenti orientamenti del diritto in Italia e in Germania sulla incostituzionalità delle imposte dirette che espropriano il reddito del contribuente.
Prodi, quando era presidente del Consiglio con Vincenzo Visco viceministro alle Finanze, invitò la Chiesa a mobilitarsi di fronte all'evasione fiscale. Gli rispose l'arcivescovo Mario Forte che spiegò che la cautela della Chiesa deriva dal fatto che l'immagine che offre lo Stato è quella che i denari tratti dalle tasse siano troppo spesso sperperati. L'arcivescovo aggiungeva che ciascuno dovrebbe fare la sua parte. Lo Stato deve mostrare di saper bene impiegare i denari che preleva; e in tal senso va l’eliminazione di enti inutili; l'abbattimento delle prebende spropositate; il taglio dei privilegi anche fiscali; il contenimento delle spese dirette e indirette, come quelle delle consulenze, delle spese della politica e così via. Ma anche la Chiesa, argomentava l'arcivescovo, deve fare sentire alta e forte la sua voce nei confronti degli abusi e degli sprechi e deve invitare il cattolico a fare il suo dovere.
Ho citato la tesi dell'arcivescovo per far rilevare che anche egli ha fatto una constatazione, cioè che la Chiesa è cauta verso l'evasione fiscale. Ne è dispiaciuto, ma lo ha constatato. Dal punto di vista politico ed economico, Berlusconi mi pare che sia coerente con questa impostazione, in quanto ha dato inizio, con Tremonti, a una lotta severa contro l'evasione fiscale, partendo dall'Iva, ma nel quadro di un decreto che per le spese fa molte delle cose che indica l'arcivescovo Mario Forte. E parzialmente riprende norme che erano di Visco, però evitando il fiscalismo (la cosiddetta tracciabilità delle fatture inizia a 5mila euro non a 100).
All'epoca di Prodi e Visco c'era il famoso tesoretto, cioè il gruzzolo dei denari raccolti con la caccia agli evasori, da cui si attingeva per accrescere le finestre delle pensioni, i pensionamenti anticipati per lavori usuranti, l'assunzione in massa di «precari» nello Stato. La morale in campo fiscale conta ed è anche un principio economico, quello per cui l'imposta si paga meno di malavoglia se la si sente utile.
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