Le agenzie di rating rimarranno nella storia di questa crisi come esempi di produttori di previsioni sballate, tuttavia anche l’orologio rotto ogni tanto segna l’ora giusta e la presentazione effettuata ieri dall’agenzia Moody’s sulla situazione economica italiana, in occasione della conferma del giudizio «AA2» sul debito, è stato un raro esempio di analisi lucida ed equilibrata. Due i punti salienti: la sorprendente convergenza degli altri Paesi verso un debito «modello Italia» e le opportunità del nostro Paese per recuperare storiche inefficienze ed effettuare una nuova partenza con un gap ridotto rispetto ai vecchi «esempi virtuosi». Certo, non è il massimo rallegrarsi per un livellamento verso il basso, però per chi era ormai rassegnato alla retrocessione, l’inciampo dei primi della classe, diciamoci la verità, non dispiace più di tanto. Come dimenticare le pedanti prediche dell’Economist, sempre pronto a distribuire bacchettate all’Italia in generale e a Berlusconi in particolare? Ebbene, l’Inghilterra del laburista Brown sta fronteggiando la crisi stampando debito con un ritmo senza precedenti: il deficit britannico in due anni crescerà dell’astronomica cifra di 200 miliardi facendo raddoppiare entro il 2013 lo storicamente basso debito pubblico. Senza contare che il ministro dell’Economia Darling ha varato, per procurarsi le risorse, un pacchetto di bilancio «stile Prodi» con tasse a raffica che peseranno ulteriormente sulla ripresa. Tutto questo nonostante il vantaggio di una sensibile svalutazione della sterlina, un lusso che i Paesi area euro non possono concedersi. Teniamo a mente questi dati alla prossima lezioncina proveniente da oltremanica.
Ai «nuovi fenomeni» irlandesi e spagnoli sta andando anche peggio. Il deficit irlandese per il 2009 è avviato al 10% del Pil (tre volte il limite consentito) secondo la Commissione europea, che ha elevato in settimana un avvertimento ufficiale, mentre in Spagna i quattro milioni di senza lavoro possono essere una dolorosa lezione di umiltà per Zapatero, che fino a poco tempo fa vantava possibili sorpassi all’economia italiana.
Limitarsi a contemplare i disastri altrui però sarebbe miope: l’analisi di Moody’s evidenzia che, nonostante gli scarsi margini di manovra del Governo, vi sono inefficienze strutturali in Italia che possono e devono essere rimosse per poter sfruttare al meglio la crescita futura. Basti pensare ai mille lacci burocratici da eliminare, alla necessità di ridurre pressione fiscale ed evasione, all’esigenza assoluta di tagliare vecchi freni sindacali e giudiziari al lavoro, alla capacità di fare sistema e valorizzare la nostra stabilità per attirare finalmente denaro e investimenti.
La borsa in forte ripresa dell’ultimo mese è di ottimo auspicio per segnalare il possibile ritorno della crescita: non si deve perdere un secondo, perché un’occasione come questa per dimostrare che esiste una «via italiana» alla crescita sostenibile potrebbe non ripetersi. Questa volta senza bisogno di ascoltare le lezioncine di nessuno.
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