Roma - Per una conoscenza elementare della lingua italiana parlata: più dieci punti. Per la frequenza di un intero anno scolastico con profitto: più trenta punti. Per la scelta del medico di base: più quattro punti. Attenzione però si torna indietro se si commettono reati. Per una condanna anche non definitiva a una pena di reclusione non inferiore a tre anni: meno 25 punti. Per aver commesso un illecito che prevede una multa non inferiore a diecimila euro: meno due punti.
Sono i punteggi dei crediti, da attribuire o decurtare allo straniero che chiede il permesso di soggiorno, previsti dall’Accordo di integrazione. Regolamento messo a punto dal ministero del Welfare e dal Viminale che domani dovrebbe essere discusso dal consiglio dei ministri.
Si tratta di una bozza, passibile di modificazioni, che una volta licenziata dal governo dovrà ottenere i pareri della Conferenza Unificata e del Consiglio di Stato per poi tornare al governo prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Sia il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, sia il titolare del Viminale, Roberto Maroni, appaiono però determinati a varare il regolamento al più presto perché lo considerano uno strumento indispensabile per promuovere l’integrazione piena di chi arriva nel nostro Paese.
Come funziona? Qualsiasi straniero che entri in Italia e abbia dai 16 ai 65 anni, nel momento in cui chiede il permesso di soggiorno allo sportello unico per l’immigrazione o alla questura, dovrà contestualmente firmare l’accordo con il quale si impegnerà a compiere un percorso di integrazione che passa attraverso vari gradi di conoscenza.
L’accordo richiede ad esempio un sufficiente livello di conoscenza della lingua italiana e pure dei principi fondamentali della nostra Costituzione e del funzionamento delle istituzioni pubbliche. Richiede pure che si apprendano i meccanismi fondamentali della nostra vita civile come ad esempio rispettare l’obbligo scolastico mandando i propri figli a scuola.
Anche lo Stato però si assume degli impegni nei confronti dell’immigrato che firma l’accordo. Prima di tutto deve assicurargli un corso di formazione civica di almeno cinque ore la cui frequenza è obbligatoria. Lo Stato si impegna pure a sostenere il processo di integrazione in collaborazione con gli enti locali.
L’accordo prevede una durata di due anni con possibilità di proroghe. In questo biennio lo straniero acquisirà crediti imparando l’italiano, frequentando scuole, corsi di studio e di formazione professionale. E ancora con attività di volontariato o frequentando corsi di integrazione linguistica e sociale. Ma non solo. Anche le attività lavorative e imprenditoriali faranno guadagnare punti. Li perderà invece se delinque.
Al termine del biennio sarà sempre lo sportello unico a procedere alla verifica. L’accordo potrà essere considerato soddisfatto se l’immigrato avrà raggiunto almeno trenta crediti. A quel punto verrà rilasciato l’attestato e lo straniero potrà avere accesso alla carta di soggiorno. Ovvio che il conseguimento dell’attestato nel periodo previsto e un buon numero di crediti rappresenteranno un buon viatico per ottenere eventualmente la cittadinanza.
L’accordo si considererà comunque non adempiuto se lo straniero non avrà frequentato il corso di formazione civica previsto e soprattutto se non avrà mandato i figli minori a scuola. Se lo straniero invece non avesse raggiunto almeno i trenta punti o non sapesse ancora abbastanza bene l’italiano l’accordo potrà comunque essere prorogato di un anno. Se invece avesse racimolato zero crediti scatterà l’espulsione. Si terrà conto ovviamente dei casi particolari. Ad esempio se lo straniero in questione fosse affetto da gravi patologie o non fosse autosufficiente, o avesse deficit di apprendimento basterà la certificazione di un medico Asl che ne attesti l’impossibilità ad assolvere l’accordo.
L’immigrato “secchione” che invece avesse accumulato quaranta o più punti usufruirà di agevolazioni per frequentare attività culturali e formative.
La bozza infine prevede pure l’istituzione di una Anagrafe nazionale di tutti coloro che arrivano in Italia e stipulano l’accordo che non avrà valore retroattivo.
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