Enrico Lagattolla
Erano in tre, a volto scoperto. Si erano avvicinati allauto, avevano spaccato il finestrino con una pietra, immobilizzato il ragazzo e abusato della giovane di 18 anni che si trovava con lui. Era lestate del 2005, in un luogo appartato di Pero, periferia Nord-Ovest di Milano. Il «branco» erano tre romeni, poco più che maggiorenni. Nel giro pochi giorni, due di loro vennero arrestati dagli uomini della squadra mobile. Il terzo era riuscito a far perdere le proprie tracce e resta tuttora latitante. Ieri il giudice per le udienze preliminari Antonio Corte ha emesso la sentenza: sei anni e sei mesi di reclusione, oltre a una multa di 1.500 euro, per i reati di concorso in rapina aggravata e violenza sessuale di gruppo.
Una condanna inflitta con rito abbreviato, con conseguente riduzione di un terzo della pena e nella quale è stata riconosciuta lequivalenza delle attenuanti generiche e delle aggravanti. Dunque, un sensibile «sconto» rispetto ai nove anni chiesti dal pubblico ministero Laura Pedio, che aveva coordinato le indagini.
In carcere, dunque, finiscono Liviu Radu detto «Mur» e Gabriel Busuiuc, entrambi di 21 anni, mentre il terzo imputato, Samir Panea, ancora diciannovenne, è stato rinviato a giudizio. Panea, però, si era già «dileguato» nei giorni immediatamente successivi allo stupro, scampando allarresto.
Un episodio che aveva scosso lopinione pubblica, sollevando molte polemiche sulla gestione dei campi rom di Milano, da cui il «branco» arrivava e nel quale aveva trovato la sufficiente copertura. Inoltre, soltanto due settimane prima, unaltra ragazza era stata violentata in via Chopin, zona Ripamonti.
Unaggressione-lampo, quella della notte tra il 17 e il 18 giugno dello scorso anno. Le due di notte. Due ragazzi si appartano in auto in una zona disabitata di Pero. Allimprovviso, due finestrini vanno in frantumi, il ragazzo viene strappato fuori dallauto, picchiato e immobilizzato stringendogli il collo con una cintura. La ragazza, invece, viene violentata. Poco più di dieci minuti. I tre romeni, quindi, intascano orologi, cellulari e banconote. Tutto quello che trovano addosso alle due vittime. Poi, se ne vanno a piedi.
Scattano immediatamente le ricerche, vengono diffusi gli identikit dei tre romeni, i campi nomadi della zona sono messi al setaccio. Via Capo Rizzuto, soprattutto. E proprio lì «Mur» vive. Ma a incastrarlo è il telefonino sottratto alla diciottenne.
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