La Congiura dell’Harem per far fuori Ramses III: un complotto riuscito solo a metà

Ramses III venne assassinato in un feroce gioco di potere, ma la congiura non ebbe esattamente gli esiti sperati: solo negli ultimi anni, analizzando la mummia del sovrano, è stata ricostruita l’esatta dinamica dei fatti, raccontata nel Papiro della Congiura dell’Harem

La Congiura dell’Harem per far fuori Ramses III: un complotto riuscito solo a metà

Una moglie che vuole mettere sul trono suo figlio e per farlo è disposta a tutto, perfino a ordinare l’uccisione del marito, il faraone Ramses III (1218/1217 a.C.- 1155 a.C.). Questa è la storia cruenta della Congiura dell’Harem, una sorta di giallo dell’Antico Egitto in cui, però, i personaggi e le vicende sono reali, perfino attuali per certi versi. Ecco perché non è un caso se il complotto colpisce ancora l’immaginario collettivo, a distanza di millenni. Vi ritroviamo, infatti, tutti i sentimenti umani: l’amore, l’odio, la gelosia, la brama di potere.

L’harem nell’Antico Egitto

“Ipet-Nesut” era il nome dell’harem dell’Antico Egitto. Si trattava di una vera e propria istituzione indipendente in cui vivevano centinaia di donne. Non era collegato, dunque, al palazzo del faraone ed era controllato da personale maschile (ma sembra non si trattasse di eunuchi) in cui il sovrano riponeva piena fiducia. Viveva di vita propria, potremmo dire e si amministrava autonomamente grazie a diversi possedimenti, tra cui terre e granai. Nell’harem venivano anche allevati i figli del faraone e per le donne abitarvi rappresentava l’opportunità per diventare Regine, o per dare al faraone un erede al trono.

L’epoca di massimo splendore dell’harem fu il Nuovo Regno (1552 a.C.-1069 a.C.), quando per i faraoni divenne la normalità sposare principesse straniere che garantissero alleanze politiche e diplomatiche con altri regni. Proprio nel Nuovo Regno, per meglio dire nella fase iniziale di declino di quest’epoca e proprio nel gineceo del faraone si svolse l'evento passato alla storia come "la Congiura dell’Harem", che vide protagonisti Ramses III, sovrano della XX° dinastia e una delle sue mogli, Tiye.

Il regno di Ramses III tra scioperi e devastanti eventi climatici

Ramses III fu l’ultimo faraone a governare effettivamente su tutto l’Egitto. Il suo dominio, indebolito da guerre, crisi economiche e una progressiva perdita dell’influenza egiziana sui popoli vicini rappresentò l’inizio della fine per il Nuovo Regno. Per la verità il faraone fu anche un po’ sfortunato: nel 1150 si trovò di fronte a quello che viene definito il primo sciopero della Storia (il primo di cui abbiamo notizia, almeno).

Gli operai e gli artigiani del villaggio di Deir el-Medina, preposti alla realizzazione delle tombe reali, si rifiutarono di lavorare, lamentando il ritardo della paga (a quei tempi consisteva in derrate alimentari) e la mancata consegna di unguenti per proteggersi dal sole cocente. Le maestranze ripresero il loro lavoro solo quando le loro richieste vennero accettate. Non solo: sembra che intorno al 1159 l’eruzione del vulcano islandese Hekla sia stata la causa di carestie che destabilizzarono l’Egitto per una ventina d’anni circa.

La Congiura dell’Harem

In questo clima per nulla tranquillo prese forma la congiura contro Ramses III. A orchestrarla fu una delle sue mogli, Tiye, il cui scopo era eliminare il marito per porre sul trono suo figlio Pentawer. Quest’ultimo, infatti, non aveva alcuna possibilità di diventare faraone, poiché nel 1164 il sovrano aveva già nominato successore il più anziano tra i suoi discendenti ancora in vita, ovvero il futuro Ramses IV, figlio della regina Tity.

Secondo il piano ordito dai congiurati Ramses III doveva essere ucciso mentre si trovava proprio nell’harem. Così avvenne. Tiye fu abilissima: riuscì a convincere diversi funzionari e dignitari di alto rango, servitori, perfino il medico personale del sovrano, ad aiutarla nel colpo di Stato. Addirittura il dispensiere di corte, Pebekkamen, divenne suo fedelissimo alleato e braccio destro. Il coinvolgimento di tutte queste persone era necessario, poiché inviare e ricevere messaggi, comunicazioni fondamentali per organizzare l’intrigo, rimanendo nell’harem non era per nulla semplice.

I congiurati non usarono solo l’ingegno per prepararsi al colpo di Stato, ma anche la magia. Tra i complici, infatti, figuravano dei maghi che, con i loro riti, avrebbero dovuto propiziare il buon esito dell’intrigo. Non è per nulla strano, visto che le pratiche esoteriche erano parte integrante della vita nell’Antico Egitto. Deve far riflettere, invece, la facilità con cui Tiye riuscì a portare dalla sua parte un numero non indifferente di uomini al servizio del faraone emblema della corruzione che regnava a corte.

Ramses III venne ucciso nella primavera del 1155 a.C., ma Pentawer non riuscì a salire al trono. Di fatto la congiura che aveva organizzato era riuscita solo a metà, perché il nuovo faraone, Ramses IV, prese in mano la situazione e punì i congiurati con la morte.

L’epilogo di una tragedia

Ramses IV riuscì a ristabilire l’ordine approfittando della mancanza di vera coesione tra i congiurati. Istituì un processo, condotto da 12 giudici, che coinvolse la corte a tutti i livelli, dagli ufficiali ai dignitari, dalle concubine ai servi. Il castigo fu severissimo: 38 persone vennero condannate alla pena capitale. Sembra che ai funzionari di più alto rango sia stato concesso di suicidarsi, una fine considerata più onorevole.

Nessuno sa con esattezza come morì Tiye, se si tolsero la vita o venne uccisa. Pentawer, invece, sarebbe stato costretto al suicidio. Di certo entrambi furono condannati anche alla damnatio memoriae: le loro tombe furono distrutte e i loro nomi cancellati da qualunque monumento. Un destino forse peggiore della morte, poiché precludeva l’immortalità, vero obiettivo dell’esistenza nell’Antico Egitto.

Se i loro nomi e quelli degli altri congiurati sono arrivati fino a noi è solo grazie al Papiro della Congiura dell’Harem (conservato nel Museo Egizio di Torino), cioè il documento redatto dai magistrati con le conclusioni del procedimento giudiziario. Dettaglio interessante: durante il processo cinque giudici vennero corrotti da alcune delle donne sotto accusa. Queste ultime sarebbero riuscite a sedurli. Ramses IV, naturalmente, non perdonò neanche questo: uno dei magistrati fu indotto al suicidio, tre sfigurati, mentre un altro se la cavò con un semplice rimprovero.

Il mistero della mummia di Ramses III

Fino a pochissimi anni fa non era ben chiara la causa della morte di Ramses III. Gli studiosi pensavano a un avvelenamento, ritenendo che Tiye avesse agito con subdola discrezione. Del resto non vi erano segni evidenti di altre ferite sul corpo del faraone. A insospettire gli scienziati furono le bende avvolte attorno al collo della mummia. Nel 2012, attraverso una tomografia computerizzata, Ashraf Selim e Sahar Salim, professori di radiologia all’Università del Cairo risolsero il mistero, scoprendo che Ramses III era stato sgozzato.

Il taglio alla gola era così profondo, 7 centimetri per la precisione, da raggiungere quasi le vertebre. Gli studiosi concordano sul fatto che nessuno potrebbe sopravvivere a una ferita del genere. Anzi, il taglio avrebbe ucciso il faraone all’istante. Nel dicembre 2012 il dottor Albert Zink, paleopatologo che aveva esaminato la mummia con il celebre egittologo Zahi Hawass, dichiarò alla Bbc: “Prima di questo momento non conoscevamo quasi niente del destino di Ramses III. Le persone che avevano esaminato il suo corpo prima e avevano fatto le radiografie non hanno trovato evidenze di traumi. Non avevano accesso alla tomografia computerizzata come noi oggi”.

Le analisi sul corpo rivelarono anche che l’alluce sinistro di Ramses III venne reciso da un’ascia subito prima della morte. Gli imbalsamatori, per camuffare a ferita, crearono una sorta di protesi usando il lino e la resina. Il lavoro fu talmente ben fatto, ricorda Focus.it, che nel 1800 gli studiosi non riuscirono a rimuoverla. Inoltre sulla trachea e sull’esofago del faraone gli scienziati trovarono altri tagli. Tutte ferite, queste, che farebbero pensare a un’aggressione compiuta da più persone e finita con il taglio alla gola sferrato da qualcuno che si trovava alle spalle di Ramses III.

Sul cadavere furono sistemati anche degli amuleti, probabilmente per garantire guarigione e immortalità nell’aldilà.

Il mistero della mummia del faraone e, di conseguenza, della Congiura dell’Harem, è stato svelato grazie alla scienza, ai progressi tecnologici. Ciò che, forse, rimarrà inspiegabile è la forza della malvagità che spinge gli uomini a commettere le peggiori turpitudini in nome del potere.

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