Pillole reali

Sissi, Diana, Soraya e le altre: ecco tutte le “principesse tristi

Diana, Masako, Soraya, Charlene, Sissi, Haya sono le imperatrici e le principesse la cui vita non è stata sempre una favola, ma più spesso una battaglia per l'affermazione di sé

Sissi, Diana, Soraya e le altre: ecco tutte le “principesse tristi”
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I media le chiamano “principesse tristi”, benché alle volte si tratti, in realtà, di sovrane, di imperatrici. Poco importa l’inesattezza del titolo. Tutte, da Lady Diana a Masako, da Sissi a Soraya, da Haya a Charlene, sembrerebbero accomunate da un destino infausto, da un’esistenza tanto privilegiata quanto costellata di eventi infelici. Donne di epoche e nazionalità diverse si ritrovano unite in una lotta in nome della libertà individuale, dell’espressione di se stesse, troppo spesso soffocata da regole di ambienti ostili.

Sissi, l’imperatrice che voleva essere libera

Anticonformista, eccentrica, ribelle, Elisabetta d'Austria (conosciuta con il soprannome di "Sissi", 1837-1898) fu una donna capace di interpretare con lungimiranza il tempo in cui si trovò a vivere, comprendendo che la fine di un’epoca era ormai vicina. Intelligente e dal temperamento incline alla riflessione, l’imperatrice si rese conto subito, ancor prima di sposarsi con l’imperatore Francesco Giuseppe, che la sua indole libera non si sarebbe mai adattata all’ambiente rigido e conservatore della corte. La sua vita, poi, fu costellata di lutti e di tragedie. Nel 1857 la secondogenita, Gisella, morì di dissenteria durante un viaggio in Ungheria. Il 30 gennaio 1889 il figlio Rodolfo e l’amante Maria Vetsera vennero ritrovati morti nel casino di caccia di Mayerling. I due eventi fecero sprofondare Sissi in profonde crisi depressive, fungendo da detonatori alle sue ansie e alla sue manie. L’imperatrice si allontanò dalla corte che non l’aveva mai compresa, tutto ciò che rappresentava il potere e il protocollo le divenne inviso. Fece del viaggio una valvola di sfogo per il dolore e la solitudine, una fuga alla ricerca della libertà. Tutto in lei, dalla passione per la civiltà greca a quella per l'estrema cura del corpo fino alla causa ungherese, assunse i contorni della frenesia, che nascondeva il desiderio di un’esistenza diversa, persino anonima. Sissi non era pazza, come qualcuno osò sostenere. Cercava la pace dell’anima e non la trovò mai. L’8 settembre 1898 venne uccisa dall’anarchico Luigi Lucheni, che le trapassò il cuore con una lima. Informato della terribile notizia Francesco Giuseppe disse: “Nulla mi è risparmiato in questa vita”.

Soraya, “l’imperatrice dagli occhi tristi”

Quello di Soraya Esfandiary Bakhtiary (1932-2001), penultima imperatrice di Persia, fu un destino amaro e crudele. Figlia dell’ambasciatore iraniano nell’allora Repubblica Federale Tedesca, la giovane ricevette un’educazione persiana ed europea. La sorella dello shah di Persia, Alireza Pahlavi, la notò a Londra e pensò potesse essere la sposa ideale per il fratello, Mohamed Reza Pahlavi, che aveva appena divorziato da Fawzia d’Egitto. Soraya e l’imperatore si piacquero al primo incontro e si sposarono il 12 febbraio 1951. Ma gli eredi non arrivavano. La corte attese con pazienza per anni. La coppia si sottopose a diverse visite mediche che, a quanto pare, non evidenziarono apparenti problemi. Dopo 7 anni, però, divenne chiaro che Soraya non avrebbe mai dato un figlio allo shah (il quale, invece, aveva avuto una bambina dal precedente matrimonio). Mohamed Reza decise di ripudiarla. Non fu l’uomo ancora innamoratissimo a scegliere, ma l’imperatore costretto dalla ragion di Stato e dalle pressioni della famiglia. Soraya abbandonò Teheran e tentò di ricostruirsi una vita come attrice. Per la verità i risultati non furono brillanti. L’ex imperatrice ebbe una relazione con il regista Franco Indovina che, purtroppo, morì in un incidente aereo nel 1974. Decise, allora, di ritirarsi a Parigi, dove iniziò a condurre una vita sempre più ritirata. Morì nel sonno, per cause naturali, il 26 ottobre 2001. Aveva 69 anni. Fu la governante a trovarla nella sua casa nell’ottavo arrondissement. All’epoca Mohamed Reza Pahlavi, ultimo shah di Persia, era già morto dal 1980. Si dice che, nonostante il nuovo matrimonio con la bella Farah Diba, non abbia mai dimenticato Soraya, il suo grande amore.

Masako, imperatrice tormentata

Masako (1963) non aveva alcuna intenzione di diventare imperatrice del Giappone. Laureata in Economia a Harvard e in Legge all’Università di Tokyo, sperava di intraprendere una carriera diplomatica. Nel 1986, in occasione di un piccolo ricevimento a Tokyo in onore dell’Infanta Elena di Spagna, conobbe l’allora principe Naruhito. Secondo la stampa fra i due fu il classico colpo di fulmine. Masako, però, era consapevole del fatto che entrare a far parte della famiglia imperiale implicasse sacrificare il suo futuro e non voleva rinunciare alla libertà e alle prospettive che il mondo offre a una donna colta e brillante come lei. Naruhito dovette corteggiarla per sette anni prima di ottenere il suo consenso al matrimonio, celebrato nel 1993. Per la cerimonia Masako indossò un kimono dal peso di 14 chilogrammi, quasi un monito e un presagio di ciò che l’attendeva. A corte si sentiva oppressa e prigioniera: non era mai da sola, tutte le sue telefonate venivano controllate, non poteva nemmeno prepararsi qualcosa da mangiare o da bere, viaggiare, fare spese, leggere per più di un'ora al giorno. Non le era permesso vedere la famiglia se non in un paio di occasioni all’anno. Masako si ammalò di depressione, aggravata dalle pressioni della corte affinché mettesse al mondo un erede. Nel 2001 nacque la principessa Aiko, ma in Giappone solo gli uomini possono sedersi sul trono del Crisantemo. Le condizioni della principessa peggiorarono, tanto da rendere inevitabile il ricovero in ospedale. Nel 2019, con l’abdicazione di Akihito, Naruhito e Masako divennero imperatori del Giappone. Con il tempo Masako ha recuperato parte della sua vitalità, ma continua a lottare contro la depressione, come ha ammesso suo marito il quale, però, non ha mai esitato a difenderla e a proteggerla, dimostrandole un immenso amore.

La principessa e l’emiro

Alla fine del 2021 suscitò enorme scalpore la notizia del divorzio milionario tra il controverso l’emiro di Dubai Mohammed bin Rashid al-Maktoum e la principessa Haya bint Hussein (1974), sorellastra dell’attuale re di Giordania. La loro sembrava un’unione felice (si sposarono nel 2004), invece nel 2019 Haya fuggì nel Regno Unito (non in Giordania, per non creare attriti diplomatici tra re Abdallah e l’emiro) con i due figli, Jalila (14 anni) e Zayed (9). La principessa accusò l’ex marito di essere una “minaccia” per i bambini e per lei. A quanto sembra a far naufragare il matrimonio sarebbe stata anche la presunta liaison tra Haya e la sua guardia del corpo di nove anni più giovane, Russell Flowers. Al-Maktoum e l’ex moglie finirono in tribunale per l’affidamento dei figli. La corte, però, stabilì che l’uomo avrebbe spiato il cellulare della ex moglie attraverso il sistema di intercettazioni israeliano Pegasus. Inoltre venne fuori la storia secondo cui l’emiro avrebbe fatto rapire e torturare altre due sue figlie che avrebbero tentato di scappare da Dubai. Nel dicembre 2021 l’Alta Corte di Londra diede ragione a Haya e stabilì che l’emiro al-Maktoum avrebbe dovuto versarle un assegno da 650 milioni di euro.

L’enigmatica Charlene

La principessa di Monaco Charlene (1978) è sempre stata un rebus per esperti e tabloid. La cronaca della sua malattia a naso, orecchie e gola, che le impose di rimanere in Sudafrica per quasi tutto il 2021 e l’inizio del 2022 (tornò a casa nel marzo dello scorso anno) è stata raccontata parallelamente alle voci su un presunto divorzio dal principe Alberto e su una altrettanto mai dimostrata rivalità con la principessa Caroline. Sembra che Sua Altezza Serenissima non si sia mai adeguata alle regole del Palazzo e che la quotidianità tra impegni pubblici e viaggi ufficiali abbia finito per schiacciarla. I media evidenziano spesso la serietà mostrata dalla principessa a ogni evento a cui partecipa, i pochi sorrisi solo abbozzati, chiedendosi se questo atteggiamento derivi solo dal carattere riservato di Charlene, o se sia il sintomo di un malessere più profondo. Nessuno lo sa con certezza. La principessa pare essersi ripresa dall’infezione otorinolaringoiatrica, è diventata un’icona glamour, ma la sua immagine patinata non convincerebbe proprio tutti. I giornali ricordano un’indiscrezione secondo la quale prima delle nozze con Alberto, nel 2011, Charlene avrebbe tentato la fuga per ben tre volte e durante la cerimonia non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime. Sua Altezza Serenissima smentì le voci, ridimensionando la vicenda e attribuendo le lacrime alla “tensione”.

Lady Diana, principessa infelice

Lady Diana (1961-1997) ha sempre esercitato un fascino inesauribile sul pubblico. Su di lei, sul suo “matrimonio affollato”, si continua a scrivere e a parlare anche adesso che Carlo e Camilla stanno per essere incoronati re e regina d’Inghilterra. Il mito di questa giovane bellissima e infelice rappresenta “l’antifavola”. Più dei suoi disturbi alimentari, della presunta paranoia, dell’impossibilità ad adattarsi alla vita di Palazzo, a colpire l’immaginario collettivo è stato l’amore tradito che ha caratterizzato tutta la sua breve esistenza. In particolare la rivalità con Camilla. Per Diana l’amante del marito è stata la causa principale della sua infelicità. In alcuni nastri registrati tra il 1992 e il 1993 dal suo “voice coach”, Peter Settelen, Lady Diana rivelò non solo la sua infanzia triste, l’abbandono della madre, il secondo matrimonio del padre, ma anche la volta in cui si fece coraggio e decise di affrontare Camilla durante un party: “Lei mi terrorizzava…però l’ho guardata negli occhi e le ho detto: ‘Camilla, so tutto quello che sta succedendo tra te e Carlo. Non trattarmi come un’idiota”. La risposta fu spiazzante: “Va bene, non è un melodramma, hai tutti gli uomini ai tuoi piedi, due adorabili bambini, di che altro hai bisogno?”. Diana ribatté. “Voglio mio marito…per voi due sarà un inferno”.

Lady Diana pianse “lacrime di rabbia”, ma quella sensazione di impotenza fu la molla che la spinse al cambiamento, proiettandola nel firmamento delle icone immortali, benché condannate all’infelicità.

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