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Ora Ferragni tenta l’autoassoluzione. Ma è solo l’ennesimo "errore di comunicazione"

Ferragni plaude al governo che, col ddl beneficenza, colma un "vuoto legislativo". Ma non è così: ecco perché l'influencer ha perso un'altra occasione per non parlare

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Chiara Ferragni si autoassolve. In questa pazza società, l'influencer al momento indagata per truffa aggravata da minorata difesa, punta il dito contro la mancanza di una legge per giustificare il comportamento che l'ha portata a essere attenzionata dalla magistratura. A pochi minuti dalla comunicazione dell'approvazione in Consiglio dei ministri, l'influencer ha rilasciato una nota in cui, testualmente, dichiara: "Sono lieta che il governo abbia voluto velocemente riempire un vuoto legislativo. Quanto mi è accaduto mi ha fatto comprendere come sia fondamentale disciplinare con regole chiare le attività di beneficenza abbinate alle iniziative commerciali".

È chiaro che questo comunicato sia parte della strategia difensiva in vista di un eventuale processo, per supportare quella "buona fede" che fin dal momento zero Ferragni ha sbandierato in ogni modo. Il succo è: non è colpa mia, ho agito in quel modo perché non c'erano regole chiare. Ma non è così, e anche l'ultimo dei suoi seguaci, figuriamoci poi chi è chiamato a decidere e valutare la sua situazione, sa benissimo che quella nota è un'arrampicata libera. Tralasciando l'aspetto giudiziario, che arriva in un secondo momento, se ci si sofferma su come è stata condotta l'operazione dei pandori Balocco, e con questa anche tutte le altre, ci si rende conto che il "vuoto legislativo" (che non c'è, ma ne parliamo dopo), è solo l'ultimo dei problemi.

Piccolo riassunto: la società di Chiara Ferragni stipula un accordo commerciale con Balocco per rilanciare il marchio. La parte che fa capo all'influencer impone all'azienda dolciaria di effettuare una donazione da 50mila euro per i bambini oncologici e si mette in tasca oltre un milione di euro. L'accordo viene stretto a fine 2021, a maggio 2022 Balocco effettua la donazione e la vendita dei pandori brandizzati inizia a novembre 2023. A quel punto inizia anche la comunicazione sull'operazione commerciale, con un comunicato stampa del 2 novembre (presente anche negli atti dell'Antitrust) in cui viene messo nero su bianco che la beneficenza è legata alla vendita dei pandori. Cosa evidentemente non vera, visto che la donazione si è concretizzata a maggio. Gli utenti, a causa del comunicato ma anche della successiva campagna promozionale messa in atto da Ferragni, e dalle modalità con le quali è stato scritto il cartiglio allegato al pandoro, hanno creduto che avrebbero potuto contribuire all'atto benefico con l'acquisto. Convinzione che si è solidificata anche per il prezzo del pandoro, oltre nove euro invece che poco meno di quattro euro. Invece, tutto il ricavato del pandoro è andato nelle casse di Balocco. In una mail interna all'azienda dolciaria, un dipendente inquadra perfettamente l'operazione: "Mi verrebbe da rispondere [al team Ferragni]: In realtà le vendite servono per pagare il vs cachet esorbitante".

È evidente che in questo movimento ci sia soprattutto un problema morale ed etico nell'aver usato la leva della beneficenza per aumentare la vendita di un prodotto e posizionarsi in maniera migliore sui social in chiave reputazionale. L'intero impianto dell'operazione prescinde dal "vuoto legislativo", quindi che Ferragni cerchi di lavarsi coscienza e immagine inventando una carenza dal punto di vista della regolamentazione, è quanto meno falso. Detto questo, il "vuoto legislativo" non esiste. Lo ha spiegato bene l'avvocato Andrea Puccio a ilGiornale, sottolineando che il "ddl Ferragni" non ha introdotto "nessuna fattispecie di reato". Il motivo? L'impianto normativo italiano prevede già tutte le chiavi per punire questo tipo di condotta. E, infatti, l'influencer è stata iscritta nel registro degli indagati con una ben precisa ipotesi di reato: truffa aggravata da minorata difesa. Se ci fosse quel "vuoto legislativo" non sarebbe stato possibile avviare l'inchiesta.

Ferragni avrebbe dovuto imparare qualcosa dal disastro comunicativo del video "Soumahoro style" ma, evidentemente, ancora una volta l'ego e la smania di recuperare consensi le hanno fatto fare un altro passo falso.

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