Cronache

Da Pertini a Bersani: il sessismo è di sinistra

Il politicamente scorretto contro le donne non è mai stato monopolio della destra

Da Pertini a Bersani: il sessismo è di sinistra

La nostra è una Repubblica fondata sul sessismo? A rivedere le gesta di Lucio Barani e Vincenzo D'Anna al Senato, nascono molti dubbi. Ma anche scavando nella storia della politica italiana si trovano testimonianze e aneddoti su un vizietto ben radicato. Lo ha fatto Filippo Maria Battaglia, giornalista di SkyTg24 , nel libro Stai zitta e va' in cucina. Breve storia del maschilismo in politica da Togliatti a Grillo (Bollati Boringhieri).

Da Nilde a Maria Elena

Il maschilismo unisce destra e sinistra e percorre i decenni, dalla Costituente all'altroieri. Nilde Iotti, Mara Carfagna, Maria Elena Boschi: tutte finite nel mirino di insulti beceri o rimproveri paternalistici. Vittime di siparietti - l'autore ne riporta alcuni inediti - che insieme ai dati sugli incarichi al femminile ci relegano tra i Paesi più maschilisti d'Europa. Nella lista dei sessisti ci sono premier e segretari di partito, peones e ministri, padri della Patria e grand commis . Compaiono la Dc, la Lega e il centrodestra. Ma anche figure di spicco della sinistra, tradite da un moralismo che sfocia in misoginia. Alcuni nomi sono insospettabili, come quelli di Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Pier Luigi Bersani. Lo ricorda Battaglia in una citazione da Lenin: «Gratta un comunista e troverai un filisteo. Evidentemente si deve grattare il punto sensibile: la sua concezione della donna».

Compagne caste e prolifere

Dopo la guerra le candidate alla Costituente affrontano sassate ai comizi e cliché non proprio progressisti. «La comunista Marisa Rodano si sente dire da un funzionario del Pci: “Hai molti figli, sei grassa e hai i capelli lunghi. Una dirigente delle donne deve essere così”». Non va meglio in Aula. «“Soprattutto interesse per le più carine, tutto un chiedere con chi erano state a letto per essersi potute guadagnare quel posto”. Così la più giovane delle costituenti, la comunista Teresa Mattei, racconta la prima reazione dei deputati all'ingresso in aula suo e delle sue 20 colleghe». I giornali dell'epoca indugiano su pettinature e abiti delle parlamentari, la nota di colore è il criterio per identificarle. Roba da anni Quaranta? No, vista l'attenzione dedicata al completo blu elettrico indossato dalla Boschi per il giuramento al Quirinale. I commentini sull'abbigliamento sono immortali. «Quando negli anni Settanta presiede la Camera, Sandro Pertini non ama incontrare nei corridoi di Montecitorio donne in pantaloni. \ Ma sul tema i commenti velenosi proseguono fino ai nostri giorni. I più recenti e maliziosi sono diretti ai tailleur di Mara Carfagna, ai tacchi di Daniela Santanchè». Le offese alla Carfagna non si contano, mentre Stefania Prestigiacomo paga caro un pianto in Cdm. Da sinistra è un'altra donna, Livia Turco, a condannarla: con quelle lacrime «si è resa “complice del governo maschilista, dimostrando una dose massiccia di miseria politica”».

Veline o racchie

Se sono belle, diventano «veline». Se non lo sono, le politiche sono messe in croce. Prima di Rosy Bindi ne ha fatto le spese Lina Merlin, descritta come «deforme e sgraziata, “una specie di zitella mascolinizzata, una recluta della Salvation Army”». Non sono solo boutade maleducate, nascondono forti pregiudizi. Che emergono nei dibattiti su norme cruciali: la definizione di famiglia nella Costituzione, la legge Merlin, le leggi su divorzio e aborto. E l'accesso alla magistratura. Giovanni Leone «non esclude in linea di principio che una donna possa indossare la toga, ma solo per le “qualità che le derivano dalla sua femminilità e dalla sua sensibilità”. L'unico spiraglio è il Tribunale dei minorenni; vanno invece certamente preclusi gli “alti gradi della magistratura”». Nella Prima Repubblica le signore sono solo angeli del focolare, ma ancora «a metà anni Novanta il sindaco di Roma Francesco Rutelli dirà con naturalezza che “alla biancheria intima, mutande comprese, provvede Barbara, mia moglie, in merceria”».

Amanti e bambole

L'ombra di Togliatti oscurerà la Iotti. «“Glielo avrà scritto lui”, commentano diversi deputati ogni volta che Nilde pronuncia un discorso». Quando nel Pci si scopre la relazione, i veleni sono per lei: è «procace», «ridente e popputa», con un «enorme deretano». Per non parlare di Teresa Noce, moglie del vicesegretario Longo, scaricata dal marito e poi silurata da Botteghe Oscure. Per Pier Luigi Bersani, è il 2010, il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini è «una rompicoglioni». E nel 2013 il candidato premier del centrosinistra dichiara: «“In Parlamento noi portiamo il quaranta per cento di donne”. \ Prima di chiedere al leader di Forza Italia: “Tu quante bambole porti?”». Sempre nel 2010 «Fassino zittisce la pdl Alessandra Mussolini, rispolverando un'offesa (“vajassa”, in napoletano “donna dei bassi”) scagliata qualche settimana prima nei confronti della nipote del duce dalla stessa Carfagna. “Onorevole, il ministro l'ha già degnamente definita”, dice l'ex segretario ds».

Infine Claudio Messora, M5S, che se la prende con le solite azzurre: pubblica un post «“Ho fatto una cosetta a tre con la Carfagna, la Gelmini e la Prestigiacomo”, in cui indugia in morbose fantasie sessuali sulle ex ministre, tra mistress e sesso orale».

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