Controcultura

"Il più grave dei misteri? È sotto i nostri piedi..."

Come un detective scientifico, da anni indaga sulla gravità: "Nessuno sa che cosa sia"

"Il più grave dei misteri? È sotto i nostri piedi..."

Richard Panek, divulgatore scientifico, si comporta un po' come un detective. Indaga, beh, la gravità, ovvero Il mistero sotto i nostri piedi, come si intitola il suo nuovo saggio (Raffaello Cortina, pagg. 212, euro 19). Un mistero molto evidente, di cui però ben pochi si accorgono.

Qual è il problema con la gravità?

«Il problema è che nessuno sa che cosa sia, e che quasi nessuno sa che nessuno sa che cosa sia. L'eccezione sono gli scienziati, i quali sanno che nessuno sa che cosa sia la gravità, perché sanno che loro stessi non lo sanno».

Ma davvero non sappiamo che cosa sia?

«Davvero. Sappiamo quello che fa. Possiamo ricorrere alla matematica per calcolare i suoi effetti, però non comprendiamo la causa - la gravità - dietro quegli effetti. Puoi lasciar scivolare una mela, e quella cadrà a terra, e potrai dire: Questa è la gravità!; però che cos'è la gravità? Perché la mela è caduta? Ancora di più, che cosa significa cadere?».

In che senso?

«Se uno non fosse sulla Terra, vedrebbe una mela che si muove verso un pianeta - o viceversa, come notò Einstein - che ruota intorno al proprio asse mentre orbita intorno al Sole, che orbita intorno al centro della galassia, la quale a sua volta si muove verso altre galassie, le quali, a loro volta, viaggiano attraverso l'espansione dello spazio. Che cosa significa cadere, in questa descrizione?».

Pensa che, prima o poi, scopriremo che cosa sia la gravità?

«Chi può dirlo. I fisici non lo sanno. Se trovassero l'ipotetica particella quantistica che chiamano gravitone sarebbe almeno un inizio; ma per ora... nessuna particella».

Sarebbe così importante trovare il gravitone?

«Tutte le altre forze hanno particelle quantistiche che ne spiegano l'esistenza. La gravità no, ha solo l'ipotetico gravitone. Se esso esistesse, ci aiuterebbe a spiegare come la gravità faccia quello che fa; ma, finora, gli esperimenti non hanno rilevato nulla. La scoperta dei gravitoni cambierebbe radicalmente la fisica per decenni, forse per secoli».

Sostiene che la gravità abbia modellato la nostra civiltà: come?

«Fin dall'inizio, letteralmente. L'influenza della gravità sulla civiltà comincia con quell'all'inizio che appare nei miti della creazione».

Per esempio?

«Quasi ogni mito della creazione comincia con la separazione di Terra e Cielo. Quella separazione non ci verrebbe in mente, se noi non ci identificassimo con un elemento - la Terra - e non con l'altro - il Cielo. Uno lo abitiamo, l'altro è fuori dalla nostra portata».

La gravità ha influenzato anche la religione?

«Una volta che dividi l'universo in Terra e Cielo, quaggiù e lassù, inizi anche a considerare che il quaggiù è conoscibile, mentre il lassù è misterioso. E poi, quello che sappiamo di quaggiù è ovviamente imperfetto, quindi la tentazione è sempre stata quella di associare il mistero di lassù con la perfezione».

Anche la filosofia è intrisa di gravità, quindi?

«Platone è stato il primo ad associare il raggiungimento del paradiso - lassù, la perfezione - con l'avere vissuto una vita giusta sulla Terra. Il cristianesimo ha adottato il modello e lo ha esteso in entrambe le direzioni, il Paradiso e l'Inferno. Nella Divina commedia, Dante porta il ragionamento all'estremo, quando arriva a Lucifero, il centro della Terra, e lo supera, lasciandosi l'attrazione della gravità alle spalle».

E noi umani portiamo il segno della gravità?

«A meno che uno trascorra il suo tempo galleggiando sopra la superficie terrestre, la risposta è sì. Infatti gli scienziati definiscono il camminare una caduta controllata, poiché con ogni passo che facciamo, in realtà, stiamo cadendo. Ci alziamo, stendiamo una gamba, e poi ci arrendiamo alla gravità. E cadiamo. Ma poi il piede atterra, ci solleviamo di nuovo e stendiamo l'altra gamba, fino a che, di nuovo, ci arrendiamo alla gravità, e cadiamo. E avanti così. È ciò che facciamo: alzarci e cadere».

Nel film Interstellar la gravità è addirittura protagonista.

«Interstellar è il primo film ad avere mostrato, realisticamente, come debba apparire un buco nero e quali effetti abbia sull'ambiente circostante, inclusi gli esseri umani. Ma l'influenza della gravità sulla cultura popolare va ben oltre: la gravità è parte del codice morale della cultura pop».

Come?

«Alcuni personaggi la negano, specialmente in generi irrealistici come i cartoni, o le commedie: per esempio, cadono da scogliere o edifici e, incredibilmente, sopravvivono. Altri sconfiggono la gravità: gli eroi rimangono appesi a una scogliera e poi risalgono, salvandosi; i cattivi invece rimangono appesi e poi cadono, e muoiono. Altri, infine, la sfidano».

Chi sono?

«Sono coloro che non cercano di evitare di cadere, bensì tentano di fare l'opposto: cercano di sollevarsi, per esempio trascinando un pianoforte su per le scale, scalando una montagna, lanciandosi nello spazio. Fanno la cosa più umana di tutte: si alzano in piedi».

Come mai risolvere il mistero della gravità è diventata la sua «missione»?

«Perché amo l'idea che qualcosa che tutti noi diamo per scontato, qualcosa sulla quale pensiamo non ci sia nemmeno bisogno di riflettere, in realtà non sia ciò che pensiamo. È ciò di cui sono andato in cerca anche nei miei libri precedenti e ora, in questo, indago una forza che definisce l'universo, anche se non sappiamo nemmeno che cosa sia.

La differenza fra l'universo che crediamo di comprendere e l'universo che potremmo ancora scoprire è un terreno da esplorare, e questo terreno riflette il modo in cui pensiamo a noi stessi come specie, il modo in cui pensiamo al nostro posto nell'universo, il modo in cui pensiamo a qualsiasi cosa».

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