Gli avevano preparato una rampa di lancio: è scivolato maldestramente. È successo allultimo Milan di Allegri, dimprovviso sotto i riflettori per larrivo di Ibrahimnovic e Robinho, e invece rimasto lì dietro, a 4 punti, a meditare sui propri errori e sui propri ritardi. Il computer gli aveva allestito una partenza soft, forse conoscendo in proposito i precedenti di Allegri: due neopromosse dalla B, Lecce e Cesena, più il Cataniam passato da Mihajlovic a Giampaolo cedendo Martinez, meritavano di sicuro un punteggio più consistente. E invece niente. Lo stesso magro punteggio (4 punti dopo tre turni), raccolto negli ultimi anni, è forse sintomo di una continuità allarmante con le altre stagioni e perciò considerato, in via Turati, quasi una bestemmia dopo i sostanziosi interventi.
Facile capire cosa non ha funzionato nel Milan. Ha fatto cilecca lattacco celebrato, è vero, ma in particolare il gioco, la concessione allaltrui contropiede, qualche incertezza del portiere (Abbiati ancora una volta nel mirino della critica dopo le incertezze di Cesena), che spostano lattenzione da Ronaldinho e Ibra alla panchina occupata da Allegri priva di molti esponenti.
Il giovane tecnico livornese è al lavoro dal 20 luglio, appena due mesi, poco, troppo poco per essere sottoposto al primo esame. Ha ricevuto in eredità un Milan statico e scontato, non ha potuto modificarlo se non inserendo, appena possibile, Boateng che è una bella iniezione di energie e gioventù, ora sta incastonando Ibrahimovic, dopo aver perso Pato e avendo scoperto in clamoroso ritardo nella preparazione fisica Robinho, laltro gioiellino ricevuto in regalo dal presidente Silvio Berlusconi. «Abbiamo fatto tante cose sbagliate» è la confessione di Ronaldinho. Non è sufficiente a spiegare lincapacità del Milan di mettere a soqquadro larea del Catania, nella seconda frazione. Allora è meglio dar retta ai correttivi suggeriti dallo stesso Allegri, alle prese adesso col recupero di Flamini (disponibile per la Lazio, da far riposare Seedorf che è in tilt) e con Robinho, magari utilizzabile in panchina.
Secondo Allegri il Milan deve sacrificarsi di più, servire di più Ibrahimovic, giocare di più in verticale. Tre «più» che non sono semplici da ottenere parlandone a Milanello dopo aver rivisto con lallenatore dei portieri, Landucci, la partita e anche limpreparazione di Abbiati sul gol di Capuano. Proviamo a decriptare il messaggio del tecnico: 1) sacrificarsi di più significa essere più attenti ed evitare i contropiedi subìti a Cesena e col Catania; 2) giocare più per Ibra, del quale ha apprezzato la disponibilità a lasciare spazio a Inzaghi nella prima mezzora, significa cercarlo in modo sistematico e non occasionale quando si è disperati; 3) giocare di più in senso verticale chiama in causa Pirlo che continua a servire palle laterali ad Antonini e Bonera, due terzini non proprio da scudetto. «Io sono sereno e tranquillo» la frase riferita dal tecnico ai suoi collaboratori. Lunica voce ufficiale registrata visto che Adriano Galliani è rimasto in rigoroso silenzio a fine partita. Era successo anche a Cesena ma aveva tuonato con i suoi dellufficio stampa e quei fulmini erano arrivati fino a Braschi, designatore degli arbitri.
Per fortuna del vecchio Milan e del giovane Allegri, cè sempre Inzaghi cui fare ricorso nel momento del bisogno. È vero che Pippo ha da sempre un occhio alla Champions per quel famoso record che continua a fargli gola ma nel frattempo, col sigillo firmato contro il Catania, è arrivato a quota 123 gol in rossonero, a una sola lunghezza da Marco Van Basten che dalle parti di Milanello continua a rappresentare unicona irraggiungibile.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.