Politica

«Più lavoro e meno soldi? Il governo è in confusione»

Antonio Signorini

da Roma

Nella Cisl prevale l’idea che nel governo ci sia grande confusione. «Non c’è un piano compiuto sulle pensioni», spiega il segretario generale aggiunto Pier Paolo Baretta secondo il quale si stanno scontrando due linee. Quella del ministro del Tesoro Tommaso Padoa-Schioppa che punta a fare cassa con le pensioni già a partire dal 2007 e quella del responsabile del Lavoro, Cesare Damiano «più disponibile a valutare modifiche che abbiano effetto a partire dal 2008». Tanta confusione e la prospettiva di ulteriori risparmi sulla previdenza, secondo Baretta, potrebbero portare i lavoratori a preferire che la sinistra non tocchi la riforma del governo Berlusconi. «Non vorrei si ritrovassero a preferire lo scalone».
Insomma, con la previdenza non si deve fare cassa?
«Mi sembra che il governo si stia ancora muovendo tra molte incertezze. C’è una confusione tra il deficit di bilancio, sul quale bisogna fare risanamento, e il tema della sostenibilità previdenziale. Sono due cose diverse. I risparmi sulle pensioni non hanno effetto nell’anno successivo a quello in cui vengono decisi, agiscono sul lungo termine se sono misure strutturali. A me pare che si stia approfittando del deficit di bilancio per fare un’operazione sull’intero pacchetto previdenziale».
E il vostro giudizio sulla bozza di riforma qual è?
«Mi sembra ci siano contemporaneamente due opzioni che per noi sono alternative. Quella di lavorare sull’aumento dell’età pensionabile, che noi consideriamo quella più compatibile con la situazione della previdenza, e quella di toccare i coefficienti o ridurre le prestazioni. Siamo contrari ad una sommatoria, non si può chiedere a una persona di lavorare di più per prendere meno soldi. È invece possibile, visto che per fortuna siamo di fronte ad un innalzamento importante della durata della vita, un aumento dell’età della pensione. A patto però che questa comporti più libertà nello scegliere quando uscire e che si faccia subito partire la previdenza completare».
A parte la riforma complessiva della previdenza, nella finanziaria ci dovranno essere circa 5 miliardi di risparmi dalle pensioni. Cosa ne pensa?
«Non vorrei che la gente si convincesse che era meglio lo scalone dal 2008. La somma tra l’aumento dell’età, il taglio delle pensioni e l’anticipo dei risparmi al 2007 danno un cocktail insostenibile. Il 2007 non può essere un anno di interventi, ma deve restare di transizione come aveva previsto la riforma del governo Berlusconi».
Che voi vorreste comunque superare...
«Noi diciamo che si può agire a partire dal 2008, passando dallo scalone agli scalini. Chiediamo, insomma, più gradualità. Se si parte dal 2007 si cerca di realizzare un risparmio maggiore rispetto alla riforma in vigore, ancora più ingiustificato perché comprometterebbe anche le prestazioni».
Al governo riproporrete di agire sulla «quota», cioè sulla somma tra anzianità di lavoro e età anagrafica?
«La nostra ipotesi è quella di consentire al lavoratore di scegliere tra due percorsi. Da un lato quello della quota. Abbiamo parlato di quota 95 facendo in modo che chi vuole andare in pensione abbia più libertà di scelta. L’altra strada potrebbe essere quella di alzare, a partire dal 2008 a 58 anni la soglia di uscita, prevedendo degli incentivi per incoraggiare a restare al lavoro».
Si è anche parlato di blocco per tutto il 2007 delle finestre dell’anzianità e ad un aumento dell’età della pensione per le donne. Cosa ne pensa?
«Noi siamo contrari a ogni intervento nel 2007. Quella delle donne, poi, è una sciocchezza. È vero che hanno un vantaggio sull’aumento della vita però è vero anche che sono più esposte sul mercato del lavoro e che sarebbero più penalizzate da una stretta sulle pensioni. Poi non si può ignorare il valore sociale delle maternità».
Cosa chiederete al governo?
«Un incontro urgente. Anche perché la confusione è alimentata da questa ostinata non convocazione di un confronto vero.

Si parla sempre di concertazione, dicono di voler parlare con le parti sociali, ma poi discutono solo tra loro».

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