Più realtà e meno reality Gli show dei vip crollano

In Francia, Spagna, Inghilterra, Germania e Usa sprofondano le trasmissioni con le celebrità Che sia finita un’epoca?

Era top, ora è flop. La tele realtà dei Grandi Fratelli e delle Isole dei famosi, degli avidi vip e delle semicelebrità, può dichiararsi defunta. E non soltanto da noi, dove nell’annus horribilis 2011 si sono spenti - per mancanza di pubblico - reality show come Uman take Control o Star Academy, basati su concorrenti mediocri o meccanismi frusti.
Nessun Viagra catodico funziona più, in Europa, dove man mano che la crisi incalza, il pubblico televisivo diventa più aguzzo, più esigente e più implacabile nel detestare i reality show, specie se basato sulle «celebrità». E se vox populi, vox dei, si rischia la diffusione d’un vero e proprio contagio: c’è antipatia per la telerealtà, nel Vecchio Continente sferzato da una stretta economica epocale, ottima per fare i conti con quanto non risulti necessario.

Passate le Alpi, la francese TF1 butta la spugna con Carrée Viiip!, simbolo d’un concetto decaduto: quello delle celebrità stipate in un salone di sei metri, con piscina all’interno, allo scopo di destare più clamore possibile. Criticato dalla stampa dalla prima puntata, per la volgarità e la vacuità dei contenuti, Carrée Viiip! ha conosciuto un costante calo di audience: 2,5 milioni di spettatori al lunedì, 2,1 al martedì, 2 milioni al mercoledì e 1,9 al giovedì. Quand’è stato venerdi scorso, TF1 e Endemol hanno deciso: stop, si chiude. E sotto schiaffo è finita Elsa Fayer, conduttrice detestata dalle massaie ultracinquantenni, lo zoccolo duro di TF1, alle quali non piacevano i «gayssip boys». Meglio gli adrenalinici Horacio Caine e NCIS, per loro. Così, il 66,75% degli internauti di Tv Magazine giudica Carrée Viiip! «il flop dei flop del 2011».

Al secondo posto delle colate a picco francofone, ecco L’étoffe des champions, reality con tre vecchi campioni sportivi ad ammaestrare tre sconosciuti. Risultato? Meno di 900.000 spettatori in prima serata su France 3, alla sua prima, disastrosa esperienza di télé réalité e slittamento in seconda serata, nonostante il carisma del coach Domenech.

Nell’agenda della classe media europea, che ha ancora un tetto e una tivù, spuntano pure le bastonate tedesche: la finale di Berlin Tag und Nacht, variante germanica del GF, ambientata in un modaiolo loft berlinese di Kreuzberg, ha rastrellato 740.000 spettatori tra i 14 e i 49 anni, pari a una quota di pubblico dell’8,3%. Una miseria per RTL 2, che puntava sulla formula «Realtainment» (realtà più intrattenimento), con la bionda Meike a dividersi tra sei coabitanti. Tra i motivi del flop emerge anche la tendenza a riciclare vecchi personaggi di soap e reality, che nell’ultimo decennio hanno stufato. Come ha stufato la (eterna) trentenne Paris Hilton, «celebreality» per eccellenza, che s’è vista cancellare The World according to Paris, in onda sull’americana Oxygen: 400.000 spettatori non bastano per seguirla in Bentley rosa, col cagnolino. La tele realtà è considerata con fastidio dal pubblico, tant’è vero che Clint Eastwood, rocciosa star 81enne, molto stimata per i suoi film duri e puri, ha perso un po’ smalto, dopo aver annunciato che farà un reality sulla tv via cavo E!: insieme alla moglie Dina e alle due figlie Morgan e Francesca, Clint farà vedere come vive, nel quotidiano, il suo gruppo familiare. L’idea d’una «Casa Vianello» formato Eastwood ha fatto imbufalire i fan, così come ha indignato, ancora sull’emittente americana E!, il reality di Dina Lohan, madre dell’attrice Lindsay, talmente spregiudicata da recarsi a trovare la figlia, chiusa in un «rehab», seguita dalle telecamere. Living Lohan non scandalizzerà più: stop dopo tre puntate.

In Spagna, intanto, l’Asociacion de Consumidores Audiovisueles ha matato le lesbiche di Acorelados, reality su Telecinco, chiuso per «il suo contenuto erotico» e «l’aggressività verbale».

Sentenza inappellabile pure per gli inglesi: Back to reality su Five tv ha chiuso i battenti per l’audience iniziale di 1,8 milioni. I telespettatori europei, insomma, dopo dieci anni di telerealtà omologata, dicono basta. Non è più tempo d’essere fasulli.

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