Pianigiani, il contradaiolo in trionfo nel Palio del basket

Trentotto anni, è della Lupa e ha sempre lavorato per la Mens Sana

da Siena

Alla fonte Gaia, acqua benedetta per qualsiasi senese bennato, sotto la torre del Mangia, Simone Pianigiani solleva il calice rivolto alla piazza del Campo, ai tifosi, alla squadra, al suo capitano protettore Shaun Stonerook, al suo principe Ferdinando Minucci. Esordiente da scudetto, dopo essersi abbeverato per undici anni nella cantina della Mens Sana, suo club di sempre, guardando e imparando da quasi tutti, tenendosi ben stretto il libro degli appunti e stracciando quello delle risposte da primo della classe bravo in religione. Senese, classe 1969, contrada della Lupa, nato il 31 maggio alzando la carta dell'imperatore che vuol dire energia, volontà, ostinazione e anche tirannia brutale, nato nel giorno della lama tagliente come Clint Eastwood, al quale assomiglia poco, come il poeta Walt Whitman che ora vuole scoprire avendo la benedizione delle stesse stelle. Notte per ascoltare in sottofondo Gianna Nannini, per camminar sul Campo dove il contradaiolo spera di poter avere le stesse emozioni il 2 luglio, perché il drappellone manca, perché i ragazzini iscritti al corso per tamburini ed alfieri nella società Romolo e Remo imparino a scandire il tempo non soltanto per il secondo scudetto della Mens Sana, ma anche per la Lupa che ha tanta fame.
Pianigiani nella tavolata di mezzo, fra dirigenti e giocatori, guarda con orgoglio la squadra che gli ha dato il titolo, gli uomini che hanno costruito questo capolavoro che non è invenzione di un giorno. Era agosto ed eravamo proprio su quel tufo mentre pensava a Baxter, all’epoca ancora chiuso in carcere, mentre costruiva mentalmente il gruppo semplificando le cose: prendiamo chi può garantirci contro le altre favorite, lui pensava più a Milano che a Treviso o alla Fortitudo, domandandosi se Roma avrebbe fatto in tempo a mettersi in pari con il lavoro, guardando solo un attimo alla Virtus poi avversaria per lo scudetto. Puntare al centro, dare fiducia al coro, liberare la fantasia dei tiratori. Pugno di ferro dentro lo spogliatoio, usando poi il miele all'esterno quando i frequentatori del circolo infido di chi parla bene a prescindere, senza pensare che tutti, anche un allenatore esordiente, hanno bisogno di confronti seri per crescere e non soltanto di piaggeria e carezze, potevano creare problemi a giocatori bravi, ma non di ferro.
Ora che è arrivato il successo, lo scudetto, ci sarà una pausa meditativa, Palio a parte, perché adesso l'imperativo partito dalla torre Minucci è quello di fare bene in Eurolega, vincerla entro tre anni. Lui lo sa e si protegge elencando soltanto le cose buone: «Siamo stati bravi, abbiamo perso il minimo delle partite, abbiamo accettato ciò che accadeva per scoprire la verità su tutti noi.

L'Eurolega è un grande impegno, la concorrenza tremenda, ma questo Montepaschi non ha bisogno di tanti correttivi, magari due uomini nuovi, ma è presto per fare certi discorsi. Godiamoci la notte, la festa, lo scudetto, poi se hai una società come questa devi soltanto sentirti protetto da mura insormontabili, anche se esagerati ed invidiosi premono alla porta».

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