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Il pianista prodigio: "Il più grande maestro è mio padre minatore"

A soli 26 anni, Martín García García ha vinto premi prestigiosi. Lunedì si esibirà a Milano

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Il pianista Martín García García, lunedì (15 maggio) in concerto a Milano per le Serate Musicali, è un fuoriclasse che avanza a suon di talento: puro. Non fa uso del marketing d'Oriente fatto di narrative da libro Cuore, vedi la storia della star Lang Lang, nato povero in canna e vessato dai ritmi di studio forsennati imposti da un padre-padrone.

E dire che lo spagnolo Martín García García, 26 anni, medaglia d'oro al concorso di Cleveland e terzo premio allo Chopin di Varsavia, una storia speciale da raccontare l'avrebbe, eppure la narra a noi per la prima volta, tra l'altro sottraendo e limando. È il racconto di una famiglia che parte dal buio pesto di una miniera. Papà ha lavorato nelle miniere di carbone di Gijón per 15 anni, poi è riuscito a girar pagina e avviare un'attività di consulenza, con l'ultima crisi economica spagnola «ci trasferimmo a Madrid sia perché potessi studiare in una scuola di peso, l'Accademia Reina Sofía, ma anche perché in quel momento la capitale era l'unica città dove si poteva trovare un lavoro» spiega Martín García García, cresciuto in un contesto dove sono i fatti e i modelli in carne ed ossa a parlare, e il pragmatismo a imperare.

«Papà una volta ha sbottato davanti a me e ai professori dicendo che era opportuno dedicarsi in modo totale a qualcosa, ma bisognava mantenere la testa aperta al mondo. Mi disse che se mi fossi concentrato in modo esclusivo sul pianoforte, dedicandovi dieci ore di studio senza sviluppare altri interessi, a vent'anni anni sarei sì diventato un buon concertista ma mi sarebbero mancati tutti gli altri pezzi della vita, e a quel punto anche la mia interpretazione ne avrebbe risentito». Questa frase è incisa nella mente di questo artista che agli studi musicali ha affiancato quelli di liceo addirittura finito con due anni d'anticipo, s'è iscritto all'università ai corsi di matematica, è diventato un vorace lettore di qualsiasi genere di libri. È poi un artista con lo sguardo al cielo e i piedi per terra. Curiosità, cosa narra papà degli anni nella miniera? «Non ne parla proprio perché ritiene che solo chi la vive da dentro può capire quanto sia brutale. Chiude il discorso dicendo che è acqua passata».

Martín García García ha una solidità interiore che gli consente di analizzare con lucidità il mondo di numeri uno con cui combatte quotidianamente, «ho vinto questi due importantissimi concorsi, determinanti nel lanciare la mia attività: hanno fatto di me un professionista slegandomi dalla condizione di studente. Però sono così tanti i colleghi di livello, è talmente alto il livello di competitività che diventa una lotta per la sopravvivenza. La vera sfida è arrivata ora», spiega questo concertista che quando può suona i pianoforti italiani col marchio Fazioli.

Dopo gli ultimi quattro anni vissuti a New York, lì per perfezionarsi, proprio in questi giorni si trasferirà in Polonia, il Paese di Chopin, l'autore che vive come una seconda pelle. Altra sfida. «Ho speso più tempo con gli adulti che con i ragazzi della mia età. Ho avuto un'adolescenza segnata dalla presenza della mia docente russa Galina Eguiazarova, donna che conobbe il gulag e posso assicurare che i racconti di questa esperienza vanno oltre quel che si legge, a New York ho speso intere giornate con il maestro Jerome Rose. Appartengo alla Generazione Z, però talvolta ho l'impressione di essere nato negli anni Cinquanta o Sessanta, quindi sì capisco che devo avere un profilo Instagram, e che devo tenere vivi i rapporti con i follower, però non mi viene naturale. Spero di non dover cedere a TikTok, sarebbe troppo.

Quando leggo quanto si è ridotta la capacità di concentrazione e di approfondimento dei miei coetanei, mi viene molta tristezza».

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