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«Piano da cambiare o il Libano può essere il nostro Vietnam»

De Gregorio (Idv): «Inaccettabile la risoluzione Onu che ci impegna nel disarmo degli hezbollah»

Mario Sechi

da Roma

Non dobbiamo disarmare noi gli hezbollah». Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa del Senato, punta il dito sulle ambiguità della risoluzione Onu ed è categorico sul disarmo: «Sarebbe il nostro Vietnam».
Presidente De Gregorio, cosa dice la risoluzione Onu?
«Parto dalla risoluzione che mi è stata proposta a firma di Umberto Ranieri e Roberta Pinotti, presidenti delle commissioni Esteri e Difesa della Camera dei deputati, dove si dice che si accresce la forza Unifil di 15mila uomini allo scopo di perseguire gli obiettivi degli articoli 11 e 12 della risoluzione».
E cosa stabiliscono questi articoli?
«Si affida il mandato di sorvegliare la cessazione delle ostilità, affiancare e sostenere le forze libanesi nel loro dispiegamento nel Sud, compresa la zona di confine della linea blu, mentre Israele ritira le proprie forze armate dal Libano, coordinare le proprie attività con riferimento al paragrafo 11b con i governi di Libano e Israele, estendere la propria assistenza alla popolazione civile, assistere le forze armate libanesi in operazioni mirate di cui al paragrafo 8 della risoluzione. Poi prendiamo questo paragrafo e scopriamo che compare la non trascurabile ipotesi di assistere le forze armate libanesi nel disarmo di tutti i gruppi armati in Libano».
Traduzione pratica: che succede?
«Succede che se le forze armate libanese ce lo chiedono - e ce lo chiederanno - dovremmo disarmare gli hezbollah».
Questo è compatibile con quella che la maggioranza chiama missione di pace?
«No, secondo me deve essere sancita la nostra non partecipazione al disarmo degli hezbollah».
Come?
«La nostra non partecipazione al disarmo di Hezbollah deve essere sancita all'interno di questa risoluzione che noi sottoponiamo alle Camere. Sulla questione ho consultato il presidente Lamberto Dini, che è assolutamente d'accordo con me, e chiederemo al governo di emendare la risoluzione che è stata sottoposta».
In questo momento l'Onu sta discutendo le regole di ingaggio. Problemi anche su queste?
«Sono convinto che le regole di ingaggio dell'Onu saranno abbastanza ampie, ci daranno la possibilità di offendere se offesi e dunque di tutelarci dal pericolo. Su questo non ho dubbi, anche se però sarebbe bene che il governo si facesse riferire dal comitato tecnico delle Nazioni Unite quali sono le regole di ingaggio. Ma soprattutto bisogna che ci sia un passaggio chiaro sulla nostra non partecipazione al disarmo degli hezbollah, altrimenti finiamo in una trappola mortale».
Ma non sarebbe un dimezzamento della missione italiana?
«Il disarmo di hezbollah è troppo rischioso e pericoloso. La nostra deve essere una classica missione di peacekeeping dove siamo una forza di interposizione tra le parti che dà il proprio sostegno al popolo libanese, contribuisce ad assicurare la sovranità del Libano e l'inviolabilità della linea blu. Il disarmo degli hezbollah tocca al governo libanese. O crede che dove non è riuscito l'esercito israeliano riescano le forze multinazionali?».
Io credo di no.
«E allora, di che cosa stiamo parlando? Consideri che l'Iran si è già fatto avanti dicendo che è irragionevole e improcedibile il disarmo degli hezbollah... e noi... interveniamo a far cosa? Una guerra con gli hezbollah che non ci appartiene?».
A questo punto però la risoluzione Onu è totalmente irrealistica.
«No, la risoluzione deve indicare al Parlamento le motivazioni per le quali andiamo in Libano. E abbiamo buone ragioni. Ci andiamo su richiesta delle Nazioni Unite, soccorriamo una popolazione che ha una gravissima emergenza umanitaria e non possiamo stare a guardare, siamo il Paese europeo più vicino al teatro di guerra. In Libano la nostra intelligence ha esperienza da vendere. Ripeto: dobbiamo avere regole di ingaggio che ci diano la possibilità di difenderci, nessuna operazione di disarmo degli hezbollah può mettere in crisi la sicurezza del nostro contingente che sarebbe tirato in un pantano, diventerebbe il nostro Vietnam e rischierebbe di far saltare la missione Unifil».
D’Alema è considerato troppo filo-arabo e anti-israeliano. Che ne pensa?
«D'Alema ha fatto bene a sottolineare che la missione israeliana aveva degli aspetti eccessivi. Dopo 1200 morti civili e migliaia di feriti, il risultato è che Hezbollah non è stato disarmato e la sua popolarità presso l’opinione pubblica si è moltiplicata in tutto il Medio Oriente. Israele è riuscito nell’operazione di mitizzare Hezbollah senza distruggerlo. E ora Israele non può chiedere a noi di fare il lavoro che non è stato in grado di fare da solo. Questo non significa essere anti-israeliani. Israele infatti ha il diritto di difendersi, la sua sicurezza è fondamentale».
Costi della missione?
«Tra i 150 e i 200 milioni di euro, ogni sei mesi».
Ritorno al punto chiave: chi disarmerà Hezbollah?
«È un compito del governo libanese che all’interno del suo esecutivo ha ministri rappresentanti di Hezbollah. Questo impegno non può essere richiesto alla comunità internazionale».
Nasrallah canta vittoria e non depone le armi. Come lo giudica?
«Israele ha fatto la guerra per distruggere le milizie del Partito di Dio. Gli è stato concesso tutto il tempo necessario per farlo, ma non ci è riuscito. È chiaro che Hezbollah oggi rivendica la sua vittoria sull’apparato militare di Israele. Si sente più forte e più potente di prima. Nasrallah oggi si vende la sua resistenza a Israele come una grande vittoria».
Quanti militari partiranno? Come sarà composta la missione?
«Una brigata è composta da 2500/3000 unità e secondo quanto mi riferisce l’ammiraglio Di Paola, una brigata è pre-allertata. Ci sarà una portaerei, due navi appoggio, una pattuglia di elicotteri, il battaglione San Marco e i lagunari e un po’ di truppe di terra con un centinaio di mezzi. È una classica brigata con unità di comando. Missione complessa, ma nella disponibilità del nostro Stato Maggiore. Fin qui ci arriviamo, oltre no».

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