«Piano Fiat boccata d’ossigeno per la componentistica»

«Il settore della componentistica rappresenta un pilastro fondamentale del tessuto industriale piemontese». Parola d Mauro Ferrari, presidente del Gruppo Componenti Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) nonché vicepresidente dell’associazione. Secondo l’Osservatorio della componentistica autoveicolare italiana della Camera di Commercio di Torino, che si avvale della collaborazione di Anfia, nel 2008, su circa 2.700 imprese del settore operanti in Italia, oltre 1.000 avevano sede in Piemonte. Dei circa 40 miliardi di fatturato generato dal comparto nel 2008 (circa il 3% del Pil), con 170mila addetti, la metà è stata sviluppata in Piemonte.
Un dato che non meraviglia se consideriamo che nella regione si trova la maggior parte delle filiali italiane delle multinazionali del settore. Si può dire che in Piemonte sia stato generato anche il 50% di quei 16 miliardi di euro di export realizzato dalle aziende di componentistica italiane nel 2008 (41% del loro fatturato), con un saldo attivo della bilancia commerciale pari a 6,5 miliardi. Ma come ha influito su questa industria la crisi mondiale? «L’impatto è stato piuttosto pesante - risponde Ferrari - in realtà i primi segnali di difficoltà avevamo iniziato a sentirli già nel 2008, a causa della saturazione del mercato europeo dell’auto». Gli ultimi picchi positivi, secondo Ferrari, si sono verificati nel 2007, e ci vorrà molto tempo prima di riuscire a tornare ai livelli di produzione e ricavi di allora. «Per il 2009 - continua - si può stimare che l’abbattimento dei ricavi sia stato pari al 40-50%. Il tasso di utilizzo degli impianti è sceso mediamente al 50% e moltissime aziende sono state costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali». Per il presidente di Afia Componenti, comunque, «come ogni crisi, anche questa rappresenta un’opportunità. A svilupparsi in futuro saranno le imprese migliori, quelle che sapranno accrescere la qualità, innovare prodotti e processi, e internazionalizzarsi. In alcuni casi anche accorparsi». Ferrari punta molto sull’internazionalizzazione, che non significa delocalizzazione. «Le aziende possono mantenere un'attività produttiva e la testa pensante in Italia, ma devono andare a produrre nei mercati dove cresce la domanda: Brasile, Russia, India e Cina».

Il nuovo piano industriale di Fiat rappresenterà senz’altro una boccata d'ossigeno per la componentistica italiana. Ma non solo per l’aumento della produzione di auto in Italia, «quanto perché l'esistenza di una forte produzione in un Paese rende più credibili le aziende di componentistica locali agli occhi degli altri mercati».

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