Piano regolatore: quel che manca è un’idea-forza

Piano regolatore: quel che manca è un’idea-forza

Giampaolo Sodano*

Nel presentare il nuovo piano regolatore, il sindaco di Roma ha parlato di svolta epocale che chiudeva un periodo lungo cento anni in cui la città era stata priva di strumento urbanistico. È vero che il piano regolatore voluto dal sindaco Ernesto Nathan fu approvato 97 anni fa, nel 1909, ma il sindaco Veltroni dimentica che la storia urbanistica di Roma, seppur travagliata, ha avuto altri due momenti importanti per il suo sviluppo: il piano del 1931 e quello del 1964. Tutti e tre questi strumenti avevano in comune due cose: l’autorevolezza dei redattori e l’idea-forza su cui erano strutturati.
Il piano Nathan fu redatto dall’ingegner Sanjust di Teulada e l’idea-forza fu la definizione dell’espansione della città attraverso tre principali tipologie edilizie nelle singole zone ai margini della città: «villini», «fabbricati», «giardini», tipologie abitative che ancora oggi sopravvivono e rappresentano tuttora luoghi di alta qualità della vita.
Il piano del 1931 fu redatto da tre architetti, Armando Brasini, Cesare Bazzani e Marcello Piacentini, e da un archeologo, Roberto Paribeni, tutti Accademici d’Italia. Un piano che prevedeva, tra l’altro, lo sviluppo della città a «macchia d’olio»; una serie di sventramenti nel centro storico; l’Eur come quartiere fieristico; l’espansione della città verso il mare. Con l’occhio più degli antifascisti che degli urbanisti, i critici di oggi dicono che il piano si rivelò un vero fallimento per lo sfruttamento indiscriminato dei suoli e la nascita di quartieri con densità edilizie fino ad allora sconosciute per Roma, trascurando di valutare la qualità della vita dei nuovi nuclei abitativi, e per gli sventramenti del centro storico che causarono la perdita di memorie storiche importanti. Eppure tutto quanto allora fu realizzato oggi non appare peggiore di quanto è stato fatto in questi ultimi anni con una differenza non di poco conto: quel piano aveva alla base un’idea portante per lo sviluppo e il ruolo della capitale.
Il piano del 1964 ebbe una storia travagliata. Fu redatto da architetti di chiara fama come Michele Valori, Lucio Passarelli, Luigi Piccinato, Pietro Lugli e Mario Fiorentino. Un piano pensato per oltre quattro milioni di abitanti che prevedeva la definizione delle aree verdi e parchi pubblici; i vincoli sul centro storico per salvaguardarlo dal degrado. Ma l’idea portante del piano per disegnare lo sviluppo della città fu lo Sdo come sistema direzionale a oriente della città.
Oggi, nel nuovo piano del sindaco Veltroni, la cui gestazione non è stata certo breve, non vi è traccia di una idea-forza.

È un piano anonimo nei contenuti ma anche di nome perché l’autorevole professor Giuseppe Campos Venuti lo ha disconosciuto. Un piano preoccupato di regolare l’esistente come è descritto nella tavola allegata al piano, relativa all’area romana, e denominata (...)
*coordinatore romano di Forza Italia

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