Piazza Affari, in 100 giorni un balzo del 67%

Meno 72 e più 67 per cento. Questi i movimenti, non da poco, realizzati rispettivamente dal 18 maggio 2007 al 6 marzo 2009 e dal 6 marzo a venerdì scorso dal Ftse Mib, l’indice, fino a poco tempo chiamato S&P/Mib40, che raccoglie le 40 blue chip di Piazza Affari e rappresenta l’80% della capitalizzazione del mercato. Il 18 maggio di due anni fa, il Ftse Mib aveva raggiunto i massimi di sempre, a 44.364 punti, con una capitalizzazione superiore ai 467 miliardi, per poi ridiscendere, complici l’esplosione della crisi dei mutui subprime prima e il fallimento di Lehman Brothers poi, fino ai minimi assoluti di inizio marzo, quando il paniere ha toccato quota 12.621 punti, corrispondenti a una capitalizzazione di 136 miliardi. Ossia una perdita di 331 miliardi. Ma negli ultimi 100 giorni, dalla chiusura del 6 marzo a oggi, il mercato ha realizzato un rally del 67%, che corrisponde ora a una capitalizzazione di 227 miliardi, con un recupero di 91 miliardi. L’opinione degli operatori è divisa in chi, da una parte, ritiene che il trend positivo durerà e che i titoli non abbiano ancora raggiunto valori in linea con i fondamentali, e chi, dall’altra, pur ritenendo improbabile che si torni sui minimi di marzo, fa notare che la ripresa economica non è ancora tale da giustificare una simile corsa.
Per Matteo Brancolini, gestore del fondo azionario europeo Rinascimento Games (Meliorbanca private), da inizio anno in attivo del 35%, «la Borsa ai minimi di marzo scontava una scenario apocalittico. Oggi, con i credit default swap (i contratti di assicurazione in caso di fallimento, ndr) e i corporate bond tornati a valori più congrui e non lontani dai livelli pre-Lehman, il mercato ha accantonato lo scenario di fine del mondo e ha probabilmente «prezzato» un inizio di ripresa economica. Un ulteriore rialzo dei corsi può avvenire ora esclusivamente in concomitanza di una evidenza chiara di segnali di crescita. Se ciò si verificasse, prenderemmo in considerazione i titoli di molte realtà industriali di medie dimensioni, che per problemi di liquidità, tendono a essere trascurate nei primi periodi di ripresa dei mercati». Se il trend rialzista dovesse continuare, in virtù del principio della rotazione settoriale, i comparti delle banche, materie prime e assicurazioni, ossia quelli che hanno spinto di più da inizio marzo, con guadagni rispettivi nell’ordine del 111%, 75% e 74% a livello europeo, potrebbero cedere il testimone a quelli che hanno corso meno: telecomunicazioni (+5%), media (+9%) e farmaceutici (+11%).
Per quanto invece riguarda le azioni di Piazza Affari più presenti nei portafogli dei risparmiatori, nella galoppata di questi ultimi 100 giorni Eni, la più grande blue chip, è andata meno bene del Ftse Mib: dai minimi a 12,3 euro del 6 marzo, corrispondenti a una capitalizzazione di poco più di 49 miliardi, ha messo a segno un progresso del 47%, portando il valore di mercato sopra i 72 miliardi. Enel, dai 2,91 euro del 9 marzo è salita ai 3,69 euro di venerdì, con un incremento del 27% e una capitalizzazione in crescita da 27 a quasi 35 miliardi. Unicredit, i cui prezzi sono rettificati per tenere conto del recente aumento di capitale, dai minimi a 0,61 euro del 6 marzo (capitalizzazione di 10 miliardi) ha «sovraperformato» persino il settore bancario, più che triplicando il proprio valore fino a chiudere venerdì a un soffio dalla barriera dei 2 euro, per un valore di mercato di quasi 34 miliardi.

Fiat, indiscussa protagonista negli ultimi tempi grazie alle operazioni Chrysler e Opel, dai minimi a 3,48 euro del 25 febbraio scorso (capitalizzazione a ridosso dei 4 miliardi), è più che raddoppiata raggiungendo venerdì quota 7,86 euro (capitalizzazione di 9,5 miliardi). Secondo Brancolini, il Lingotto, con l’acquisizione di Chrysler, «si è messo in una posizione più solida per instaurare trattative con altre case, prendendo così il centro del ring del comparto automobilistico».

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