Fabrizio de Feo
nostro inviato a Napoli
«Cè poco da dire. Basta e avanza quello che fanno loro. A noi non resta che fare opposizione dura». Silvio Berlusconi sale sul palco della Festa Azzurra di Napoli e guarda il popolo partenopeo che lo accoglie con il consueto abbraccio di entusiasmo, con la solita incandescente, confessata speranza: rivederlo il più presto possibile a Palazzo Chigi. Il leader di Forza Italia, però, almeno inizialmente sembra quasi gettare acqua sul fuoco, assumere un atteggiamento di attesa, evitare di inoltrarsi nei meandri della politica e nel labirinto dei rapporti con la maggioranza e con gli alleati. Ha l'affetto di Napoli davanti a sé e sembra voler caricare le batterie di energia in vista dell'autunno e della piena ripresa dell'attività parlamentare. L'attesa, però, sale. La platea di attende una sferzata. Vuole sentire che la ricreazione è finita e ora si torna a fare politica. E dopo la lunga cerimonia di premiazione che chiude la quattro giorni di Forza Italia di Agnano Terme, Berlusconi porta il discorso proprio lì: sulle prospettive del governo in carica e sul sogno di infliggere una spallata a un esecutivo che sembra già aver concluso la sua luna di miele con gli elettori. Un tema che il presidente di Forza Italia affronta facendo capire che lui è di nuovo in pista ed è pronto a rimettersi in gioco fino in fondo. Berlusconi detta la sua profezia. «Credo che imploderanno» dice riferito alla coalizione di centrosinistra. «Le loro contraddizioni sono così forti che ho fiducia che non arriveranno al termine della legislatura e avremo presto nuove elezioni il che vorrà dire vittoria della libertà. Non ci sono le condizioni affinché la legislatura prosegua. Quello guidato da Romano Prodi è un governo pericoloso per il Paese perché in questa maggioranza esistono forze che orgogliosamente si chiamano ancora comuniste e che mandano avanti provvedimenti che sono in coerenza con i loro principi e la loro storia. Noi pensiamo che il fine della politica sia quello di garantire e aumentare la libertà dei cittadini. Loro pensano, al contrario, che il fine della politica sia quello di redistribuire la ricchezza e assoggettare i cittadini al controllo dello Stato». Secondo Berlusconi queste forze «sono una minoranza nella coalizione ma indispensabili alla sinistra per restare al governo. Anche partiti come la Margherita, che non vengono da quella storia e che in molte cose la pensano come noi, sono costretti ad accettare i loro diktat. La situazione è difficile e se ne sta accorgendo perfino la stampa di sinistra».
Berlusconi promette che, dopo il lungo balletto estivo sulla leadership e i tanti modelli di condotta parlamentare proposti dagli alleati in vista della Finanziaria si finirà per fare quello che è naturale: opposizione vera e senza sconti. «È nostra intenzione proseguire sulla linea di una opposizione severa in Parlamento. Se necessario, aggiunge, sapremo manifestare nelle vie e nelle piazze d'Italia in modo assolutamente democratico e penso che la prossima Finanziaria ci darà occasione per opporci». D'altra parte «anche i loro esperti di sondaggi - prosegue il leader di Fi - la settimana scorsa sono stati costretti a riconoscere la realtà che si respira nel Paese: la Casa delle libertà è in testa, ha effettuato il sorpasso ed è sopra di sei punti alla rissosa coalizione di sinistra».
Naturalmente il muro contro muro non sarà la sola parola d'ordine. Anzi, il capo dell'opposizione conferma che la missione in Libano avrà comunque l'appoggio del centrodestra e nessuno si sottrarrà alle proprie responsabilità. Ma questo voto verrà concesso non senza parecchie perplessità. «Voteremo sì ma abbiamo molte preoccupazioni. A sentire diversi esponenti della sinistra i nostri soldati sono andati non per difendere Israele ma Hezbollah, cioè il partito di Dio che, secondo loro, non va disarmato». L'ex premier non si sottrae neppure dallo scandagliare le prospettive future del centrodestra. Lo fa senza drammatizzare le divisioni interne e senza ricamare con battute o stoccate, che qui avrebbero facile presa, sul dissidio politico con Pierferdinando Casini. Berlusconi, piuttosto, veste i panni del leader, dell'uomo che vuole recuperare le ragioni profonde dell'alleanza, nel rispetto della volontà degli elettori che chiedono lotta e presenza forte in Parlamento. «Non ho nessun timore sull'unità della Casa delle libertà e sul suo futuro. Certo, ci sono dialettiche in corso ma le supereremo perché ciò che ci unisce è profondo e nel Paese c'è nuova voglia di libertà».
La prospettiva che indica il leader azzurro è sempre la stessa, quella che gli sta più a cuore: il partito unico del centrodestra. «C'è già un popolo unico del centrodestra, liberale, cristiano, democratico occidentale. Questo grande partito delle libertà ha già una sua esistenza e una sua concretezza. È il grande partito del popolo europeo. So che stanno nascendo nuove voglie di democrazia e di libertà.
Fabrizio de Feo
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