Ma la piazza va riempita: la Cgil arruola i pensionati

da Roma

Come fa un partito che è (almeno per il momento) allo stato gassoso come il Pd veltroniano a portare in piazza un milione di persone? Domanda nuova quanto la dissoluzione dei vecchi contenitori politici della sinistra, per una risposta che è invece antica: il sindacato. Ufficialmente nessuno lo ammette, ma se dietro le quinte butti là il soccorso della Cgil al Pd come un’ipotesi ti fai ridere dietro. Perché è il segreto di Pulcinella di tutte le manifestazioni di massa e quella del 25 ottobre non farà eccezione. L’impegnativo compito di riempire il Circo Massimo a Roma, spetterà all’unica organizzazione che ci è riuscita in passato, il solido sindacato di Corso d’Italia. Ne sono sicuri quasi tutti al Pd. A partire da quelli che magari preferirebbero non farla proprio questa manifestazione che cade nella più grave crisi finanziaria del dopoguerra. Più cauti i sindacalisti. Tutti negano. Ma poi ti tracciano una geografia delle categorie e di come si divideranno tra la manifestazione di oggi della sinistra radicale e quella che si terrà tra due settimane. Oggi con Rifondazione comunista e compagnia sfileranno i metalmeccanici della Fiom e mezzo pubblico impiego, oltre al sindacalismo di base, in particolare l’Sdl che porterà in dote alcuni dipendenti Alitalia. Ma in questo caso non c’è troppo bisogno di truppe cammellate. La sinistra radicale ha problemi di rappresentanza parlamentare, ma non di mobilitazione e i militanti si organizzano più o meno autonomamente.
Il Pd, soprattutto ora che le parole d’ordine si sono un po’ confuse, ha bisogno di una solida struttura, come quella della Cgil. E, magari, del sindacato pensionati, la categoria più consistente della confederazione guidata da Guglielmo Epifani che alla sinistra non ha mai fatto mancare il suo appoggio numerico. È su di loro che il Pd conta per riempire le strade della capitale.
La fedeltà politica della pantere grigie della Cgil è un asset talmente importante che sul tema lo Spi ha recentemente effettuato un’indagine, dalla quale risulta che la sinistra può ancora contare sulla maggioranza degli iscritti al sindacato. Per quasi il 60 per cento prevale «un modello di mobilitazione politica e di connessione tra società e politica piuttosto tradizionale, quello della mobilitazione dall’alto fondata sulla forza dell’organizzazione». Insomma, non si fanno troppi problemi se è vero che è «leggermente inferiore il peso dei militanti, lo strato più integrato politicamente e caratterizzato da alti livelli di interesse per la politica e da un livello culturale elevato, mentre estremamente ridotto è il gruppo degli apartitici, ovvero della figura di cittadino più vicina al modello della rappresentanza modernizzante». Militanti old style, vera colonna del sindacato e della politica, quindi. Anche se a ben guardare qualche segnale preoccupante, almeno per il futuro c’è. La percentuale di fedelissimi al modello di mobilitazione «dall’alto» è sì, alta, ma in costante diminuzione. Negli anni Settanta lo Spi poteva contare su un 80 per cento di pensionati disposti alla mobilitazione quando il sindacato chiamava. Ora la percentuale si è ridotta di quasi venti punti. Cosa sia successo lo spiega il segretario nazionale del sindacato Riccardo Terzi. È entrata nello Spi la generazione del Sessantotto e con loro un «rapporto più problematico con i tradizionali referenti politici e ideologici che hanno segnato la storia del sindacato».

Gli ex sessantottini, insomma, hanno portato nel sindacato disillusione e antipolitica. Per ora sono minoritari, ma presto un atteggiamento più distaccato potrebbe far cambiare pelle allo Spi. E sottrarre militanti dalle piazze della sinistra.

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