Le indagini si sono concluse nel giro di poche ore. Ma gli accertamenti non sono stati facili, soprattutto perché la donna, forse schiacciata dal timore di una ritorsione, in un primo momento ha preferito tacere. I militari, però, sono riusciti a ricostruire quanto accaduto in quel casolare nei dintorni di San Severo, una zona popolata da numerosi extracomunitari che si riversano da queste parti per lavorare nella raccolta del pomodoro.
La coppia viveva in quella baracca da qualche tempo: lei clandestina, lui con regolare permesso di soggiorno. L’altra notte tra i due è scoppiata una lite furibonda: il ghanese ha aggredito la compagna, l’ha colpita con calci e pugni all’addome.
La nigeriana aspettava una figlia, era al quarto mese di gravidanza. Le botte l’hanno fatta abortire. L’uomo, a questo punto, ha sepolto il corpicino, poi è fuggito in auto mentre la donna ha telefonato al 118 per chiedere aiuto. Sono scattati i soccorsi, la trentenne è stata trasportata in ospedale ma non ha detto nulla dell'aborto: ha preferito rimanere in silenzio, ma non è servito. I medici infatti l’hanno visitata, si sono insospettiti e nel giro di poco tempo hanno capito che cosa era accaduto. Nello stesso tempo sono cominciate le indagini. Inizialmente la nigeriana si è trincerata dietro un muro di silenzio: probabilmente la paura di una feroce vendetta l’ha indotta a non fornire particolari sull’aggressione e sul suo compagno. Nonostante tutto i militari hanno scoperto il luogo dove era stato sepolto il feto. Quindi sono arrivati a rintracciare il ghanese. L’uomo si era rifugiato in una delle tante baracche della zona, probabilmente sperava di confondersi con gli altri extracomunitari che affollano la Capitanata e vengono utilizzati come braccianti. Ma gli investigatori lo hanno rintracciato e sono scattate le manette per procurato aborto e occultamento di cadavere. I militari non escludono che il 35enne possa essere coinvolto in un giro di sfruttamento della prostituzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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