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La piccola donna che conquista i "giganti"

In tredici anni ha scalato tutti gli Ottomila della Terra, diventando la prima alpinista a riuscire nell'impresa. Ieri, raggiungendo la cima dell’Annapurna, la sudcoreana Oh Eun Sun è entrata nella storia. I colleghi: "Non avrebbe dovuto usare le bombole d’ossigeno"

La piccola donna che conquista i "giganti"

La coreana Miss Oh Eun Sun ce l'ha fatta: raggiungendo ieri la vetta dell'Annapurna (8091m), l'ultimo ottomila mancante al suo palmares, è diventata la prima donna ad aver eguagliato Reinhold Messner che concluse la sua «collezione» nel 1986. Eppure quanto meno epica è stata questa impresa. Quanto meno eroica e immaginifica.
Già qualche anno fa, quando si era capito che un manipolo di donne avrebbe potuto raggiungere lo stesso traguardo dello scalatore altoatesino - primo essere umano a mettere piede su tutti i 14 ottomila - si capiva che qualcosa era cambiato. Che non era più tempo di avventure capaci di far sognare.

Il gioco si era trasformato, e qualcosa era andato perduto. Sembrava rimasta solo la competizione senza i requisiti della competizione: condizioni diverse, nessuna obbiettività, mancanza di regole, colpi bassi.
Così, se negli anni in cui Messner portava a termine la sua avventura si poteva ancora sognare con lui, partecipare in qualche modo, attraverso i suoi racconti da «primo uomo sulla luna», a qualcosa che aveva un che di epico, quel che è accaduto ieri fa solo venire voglia di girare la testa dall'altra parte. Ma ricapitoliamo le tappe di questa «corsa» in rosa ai 14 ottomila della terra.
Fino a 3 anni fa erano l'italiana Nives Meroi, l'austriaca Gerlinde Kaltenbrunner e la spagnola Edurne Pasaban le tre favorite. Anni di spedizioni in Karakorum - dove si trovano 5 ottomila - e in Himalaya - dove se ne trovano 9. Pakistan, Nepal, Cina, viaggi che duravano mesi. Formichine delle montagne, le nostre alpiniste in gonnella a volte tornavano con un successo, a volte con un fallimento, e pian piano mettevano in bacheca le loro conquiste.

Poi, proprio mentre in occidente cominciava a soffiare il vento dell'est in altri ben più prosaici settori, anche nell'alpinismo - nato sotto il Monte Bianco alla fine del '700 - faceva capolino una ragazza dagli occhi a mandorla: la coreana Miss Oh Eun Sun.

All'inizio non solo era indietro, ma un'emerita sconosciuta. Una manciata di ottomila all'attivo e nessun riflettore. Mentre le nostre già facevano conferenze e pronostici su chi avrebbe «vinto» delle tre. Qualcuna, per marcare una differenza etica e di stile, prendeva le distanze, in particolare la nostra Nives Meroi: «Scalo gli ottomila perché mi piace - dichiarava - con spedizioni leggere, lontano dalle folle, con mio marito Romano Benet. Solo per una coincidenza del destino mi trovo catapultata in una competizione che non sento mia».

Poi, nelle ultime due stagioni, con un crescendo da walkiria (senza eroismo wagneriano però), la coreana inanellava ben 8 successi, e si portava così davanti a tutte. Un exploit difficile anche per gli uomini. Con supporto di mezzi e tecnologie: bombole d'ossigeno, portatori d'alta quota, elicotteri per andare da un campo all'altro e fare quel che altri facevano nel doppio, se non nel triplo degli anni. Ad andar bene. All'inizio di questa stagione primaverile la situazione degli ottomila scalati dalle alpiniste era la seguente: Miss Oh 13, Edurne Pasaban e Gerlinde Kaltenbrunner 12, Nives Meroi 11.
Intanto l'italiana si era ritirata a vita privata per stare al fianco del marito che aveva contratto una malattia proprio mentre era in spedizione. All'austriaca mancavano (e mancano tutt'ora) le due montagne più alte del mondo, di cui una fra le più difficili, il K2. Alla fine dei conti la spagnola, che «correva» per la trasmissione televisiva «Al filo de lo imposible» (seguitissima sulla penisola iberica), era l'unica che avrebbe potuto spuntarla sulla coreana. A entrambe mancava l'Annapurna. In più, alla spagnola, lo Shisha Pangma.

Edurne Pasaban ha tentato fino all'ultimo di superarla. Proprio per questo era partita per l'Himalaya prima di tutte le altre spedizioni, correndo seri pericoli con le montagne ancora cariche di neve e le valanghe che cadevano da tutte le parti. Settimana scorsa la Pasaban riusciva a raggiungere la vetta dell'Annapurna. In tal modo aveva pareggiato il conto. Tredici a tredici. Tredici, come il numero di ore che ieri Miss Oh ha impiegato per raggiungere gli 8091 metri della «Dea dell'abbondanza» (questo significa in sanscrito Annapurna) a partire da campo 4, con venti fortissimi e una temperatura vicina a -30 C°.

Seguita dalle telecamere della Tv coreana e da un paese intero inchiodato davanti alle televisioni.

Un successo che certamente non smetterà di far discutere.

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