Prima cerano «Why Not» e Luigi De Magistris. Adesso ci sono «Energiopoli» e Pierpaolo Bruni, sostituto procuratore a Crotone. Cambiano i magistrati, le procure, il nome, i fatti-reato. Ma linchiesta è la stessa, medesimi i consulenti e soprattutto identico lobiettivo: la cupola affaristico-massonico-serviziosegretesca che comanderebbe lItalia. Ovvero, come sintetizza qualche settimana fa un insospettabile blog del Sole 24 Ore: «Il collante è lo Stato deviato e la massoneria deviata. Lobiettivo dei pm: dimostrare che la nuova P2 (dieci volte più potente della mai svelata P2 di Licio Gelli) controlla e governa il cuore dello Stato dall'interno, vale a dire dalla possibilità di acquisire e gestire in ogni modo informazioni riservate e, di conseguenza, manovrare economia e politica connivente», scrive il giornalista del Sole. Che accusa persino Marco Travaglio e Michele Santoro di avere oscurato la nuova indagine.
Per spiegare il miracolo tutto italiano di una inchiesta defunta che si reincarna sotto altro nome - con buona pace del Csm, della Cassazione e di tante sottigliezze giuridiche - bisogna partire dallottobre 2007, quando il procuratore generale di Catanzaro Dolcino Favi toglie a De Magistris lindagine «Why Not», la sterminata indagine che sotto la guida del pm calabrese e del suo consulente Gioacchino Genchi ha messo sotto inchiesta mezza Italia. A gestire il fascicolo viene applicato Pier Paolo Bruni, un giovane pm di Crotone. Linchiesta «Why Not» si disintegra tra archiviazioni e incompetenze territoriali. Ma Bruni evidentemente si convince che il collega De Magistris aveva visto giusto. E tornato a Crotone dà il via ad una inchiesta che è il clone di «Why Not». Stesso lo schema: dallago al milione, dal particolare al generale. Daltronde i suoi fan chiamano Bruni «pac man», come il personaggio dei videogiochi che divora tutto ciò che incontra. Bruni parte da una serie di irregolarità sulla realizzazione di una centrale termoelettrica a Scandale, per incriminare politici, magistrati, carabinieri. Nel registro degli indagati finiscono lex presidente della regione, Giuseppe Chiaravalloti e lex ministro dellAmbiente Alfonso Pecoraro Scanio.
Ma la svolta arriva quando Bruni prende di mira un alto ufficiale del carabinieri: Enrico Maria Grazioli, comandante del reparto operativo dellArma di Catanzaro, rampollo di una illustre famiglia romana. Grazioli lavorava già per De Magistris, che di lui non si fidava molto. Bruni lo intercetta, e lo scopre a soffiare qualcosa di troppo a un paio di indagati (uno compare nellindagine con il nome «il Presidente»). Grazioli viene indagato e interrogato. In una crisi di panico vuota il sacco, e fa il nome che proietta «Energiopoli» nelliperspazio dei misteri dItalia: quello di Salvatore Cirafici, ex ufficiale dellArma, poi capo della sicurezza di Wind. Uno che già nei grafici di Genchi per De Magistris stava al centro della ragnatela dei poteri occulti che ruotava intorno al superconsulente Luigi Bisignani. A lavorare come periti informatici per Bruni, daltronde, ci sono proprio Genchi e il suo collega Giorgio Sanfilippo.
Il 14 ottobre Bruni fa perquisire dai carabinieri e da Sanfilippo lufficio di Cirafici a Wind. Non trova nulla, ma ormai il salto di qualità è fatto. Grazioli mette a verbale i nomi di alti ufficiali della Finanza e dei servizi segreti in contatto con Cirafici, come il numero due dellAisi Paolo Poletti. Raccomandazioni, cordate, segreti comprati e venduti: riecco «Why Not». Peccato che linchiesta di Bruni vada a sbattere contro lo stesso macroscopico ostacolo contro cui già si infranse l'indagine di De Magistris: lincompetenza territoriale. Che diavolo centra la Procura di Crotone con la Cupola daffari che terrebbe lItalia sotto controllo?
La Procura generale della Cassazione il 9 dicembre dichiara lincompetenza di Bruni a indagare su Cirafici e ordina di trasmettere tutto a Roma. Bruni, che nel frattempo ha chiesto larresto di Cirafici, invece di frenare accelera: il 12 dicembre il capo della sicurezza di Wind viene messo agli arresti domiciliari con laccusa di favoreggiamento, rivelazione di segreto dufficio e falso ideologico.
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