IL PICCOLO diventa «presidenziale»

Napolitano ha concesso il Patronato permanente del capo dello Stato al teatro fondato da Grassi in considerazione del suo valore culturale

Igor Principe

Quando si costruisce un evento culturale importante, scatta una consuetudine: chiedere l'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, cioè l'atto ufficiale con cui il Capo dello Stato esprime il suo apprezzamento per l'iniziativa medesima.
Sono pochi i casi in cui il Quirinale lo ha negato. Ma sono ancora meno quelli in cui lo ha rilasciato per l'intera durata del mandato presidenziale. In gergo tecnico si chiama Patronato Permanente, ed è stato concesso lo scorso 4 ottobre al Piccolo Teatro.
Che ha ottenuto più di quanto atteso: richiesto per la stagione 2006/2007, con cui si celebra il sessantesimo anniversario, il Patronato è stato concesso da Giorgio Napolitano per tutto il suo mandato «in considerazione - scrive il segretario generale della Presidenza, Donato Marra, nel darne comunicazione ufficiale - dell'alto valore culturale di una istituzione che si è proposta, sin dall'inizio, di offrire un teatro d'arte per tutti, con repertori nazionali e internazionali di eccellenza».
«So dell'Accademia dei Lincei, ma non ho notizia che qui a Milano sia stato dato ad altre istituzioni», dice con legittimo orgoglio Sergio Escobar, direttore del Piccolo. «Credo che la sua importanza stia nel riconoscere la funzione del Piccolo come espressione di un'idea di teatro - prosegue -. Nata con Grassi e Strehler, quell'idea è stata perpetuata e reinterpretata attraverso un'intensa presenza all'estero. Negli ultimi dieci anni abbiamo toccato 220 città e raccolto un milione di spettatori: non un vezzo esterofilo, ma lo sforzo di allargare i confini del teatro stesso per poter capire quale ruolo giocare nel cambiamento della mentalità di una metropoli come Milano».
Il Patronato Permanente, dunque, come punto di partenza e non di arrivo. Ma anche come segnale che giunge in un momento di non poco conto per il teatro italiano. «Davanti a tale riconoscimento è inevitabile chiedersi perché, in 61 anni di Repubblica, non sia stata mai varata una legge di settore ma solo una miriade di regolamenti - aggiunge Escobar -. Le istituzioni non hanno saputo riconoscere la funzione civile del teatro. Allora noi vorremmo usare, e ribadisco: usare, l'anniversario del Piccolo, forti del Patronato, per definire alcuni aspetti essenziali».
Uno riguarda il rapporto con gli artisti, e l'apertura di strade ai più giovani di loro. L'altro, che Escobar e Luca Ronconi - il direttore artistico, che gli sta accanto e non muove un appunto - sottolineano con decisione, è capire il rapporto con Milano nell'ottica del suddetto cambiamento.
Intento che, nel maggio 2007, si tradurrà in un grande convegno internazionale ospitato dal Piccolo. «Il tema è centrale: la ridefinizione delle metropoli. Saranno coinvolte tutte le università di Milano, terremo una sezione degli incontri a Parigi, una a Berlino e una a Barcellona. Con noi lavorerà a stretto contatto il Comune, che condivide con noi un progetto: scrivere una carta di valori in cui la cultura sia dichiarata come elemento strutturale di crescita anche economica. Insomma, una voce importante del famigerato Pil».
Il rapporto con Palazzo Marino, in particolare, si annuncia fecondo: «Non ho mai avvertito una sintonia tanto esplicita con il sindaco come ora», precisa Escobar. Un dato su cui poter fondare alcune certezze per un futuro che, nel termine di un anno, toccherà la boa del rinnovo del consiglio di amministrazione del Piccolo.


«Può succedere di tutto - conclude il direttore -. Ma quella sintonia esprime anche un'idea forte della città su cui c'è tutta la voglia di credere. Sono sicuro che con quei presupposti si continuerà a investire anche sul Piccolo».

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