Picnic sull'erba del lago con tutti i fiori di Orticolario

Picnic sull'erba del lago  con tutti i fiori di Orticolario

«Bella rosa. Colore che si trasforma quando cresce. Prima più gialla, poi più rosa. Profumo sontuoso». Al battesimo del fiore dedicatole ieri all'inaugurazione di «Orticolario» a villa Erba sul lago di Como, la stilista Vivienne Westwood ha descritto il cestino in paglia pieno di corolle con parole pertinenti anche alla manifestazione, che oggi e domani offre lo spettacolo di duecento vivaisti nel parco della dimora cara a Luchino Visconti. La casa delle bambole fu per il regista e un fascino da balocchi lo ricorda in questi giorni nelle casette sugli alberi, nei tronchi scavati e truccati come mostri della camera dei giochi.
«Orticolario, dedicato alle orchidee, è diverso quest'anno. Più divertente». Questo il commento di visitatori incantati non solo dalla vitalità di piante che ignorano d'essere in autunno, ma anche dai padiglioni artistici dell'evento, il cui patron è l'imprenditore Moritz Mantero, coadiuvato da Emilio Trabella, Alfredo Ratti, Arturo Croci e dal direttore artistico Stefano Passerotti.
Tre a pari merito i vincitori. «Il giardino d'amor novo» di Anna Piussi. La floricoltura «Federico Billo» quale miglior allestimento dello stand vivaista e «C-orto circuito» in quanto allestimento non vivaista. Cos'è «Orticolario»? Può essere la giovialità di persone sedute sulle coperte rosse sopra l'erba che mangiano le insalate di fiori di Nicola Pagnamenta. Bocche di leone, nasturzi, zigne e violette cornute coltivate dall'azienda toscana di Marco Carmazzi. Ma è anche la provocazione uditiva di Francesco Mantero che insieme a Passerotti ha liberato le suggestioni di «Ti Bramo», una tenda in cui pulsa il battito di un cuore maschile, amplificato e ritmato alle tastiere elettroniche, e un letto di lippia nodiflora per ricordare il coraggio dell'amore che come la lippia cresce anche senz'acqua, ma solo con lacrime di rugiada.
Oppure è la pace delle oasi di Barbara Negretti occultate nell'abbraccio di tre magnolie o di «Armonie» in cui la natura «brucia» silente in bracieri tondeggianti. È il bosco di «quecus suber» di Sara Pizzati, che ti fa entrare nella parte oscura dell'anima, dove risuonano i passi fruscianti sempre ideati da Mantero, e cadenzati da un ritmo continuo perché camminare nel bosco profondo significa cadere, essere interrotti dall'ingnoto, per poi rialzarsi e ricominciare il cammino esattamente con lo stesso passo di prima.
È un «anfiteatro di gelsi» che chiude la via della seta, dove in alto sulle foglie di un albero povero i bachi filano la bava preziosa; il «giardino» di sedie rosse di Daniel Berset proprio di fronte alla veranda da cui Visconti bambino contemplava il lago. «Dove sei?» è il titolo dell'opera, quasi una domanda rivolta all'invisibile arte d'essere antichi in mezzo al verde e all'arte dell'invisibile che s'aggira in questo parco nelle antiche corse di un grande artista, autore del celebre film «Il Gattopardo», che andava alla ricerca delle sue bambole.
«Orticolario» è profumo. Quello delle sedute verdi di santoreggia prostrata secondo lo stile mediovale nel chiostro mistico di Anna Piussi, che ci reintroduce al segno del giardino più imprendibile, «Suono dell'anima», del maestro di Kyoto Yasuo Kitayama. Chi è Dio? Anche a questo risponde un giardino. Può essere un grande platano sotto cui Kitayama si è raccolto, chiamando proprio la divinità, prima di disporre pietre che si alternano come tasti di un pianoforte immaginario alle macchie di verde.

Nel suono del vuoto si posa dal lago un germano.

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