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Pierangelini e Vissani, oligarchia ai fornelli

Ottimo giudizio anche per i fratelli Alajmo di Padova e per Nadia e Antonio Santini del «Pescatore» di Canneto sull’Oglio

Pierangelini e Vissani, oligarchia ai fornelli

Paolo Marchi

Pierangelini e Vissani, Vissani e Pierangelini: non si scappa. Per l’Espresso sono sempre loro i migliori cuochi d’Italia (ristoratori è un’altra cosa e Vissani di certo non lo sa fare altrettanto bene, con il ristorante del rivale che in verità è una superba bottega di artigiano), per il Gambero Rosso in pratica pure (la guida dei gamberetti sarà presentata lunedì prossimo a Roma) e per la Michelin chissà. Bisogna attendere perché la Rossa 2006 vedrà la luce in Italia solo a fine novembre (e il 2 invece, tra poco meno di un mese, quella inedita di New York).
Sarà anche vero che l’anagramma di guida è giuda, rilievo da usare a mo’ di monito quando andiamo a cena in un posto carichi di attese che magari poi verranno tradite, ma è anche certo che quando l’estate tramonta, per i golosoni inizia l’attesa per l’uscita delle pubblicazioni al grande cibo. Secondo tradizione prima a uscire quella dell’Espresso, curatore Enzo Vizzari, ed è curioso notare come la presentazione sarebbe fissata per mercoledì prossimo a Venezia. Cosa ci sarà di nuovo da dire allora è un simpatico mistero.
Quella cara a Carlo Caracciolo ha come punto di riferimento imprescindibile Vissani, sempre più personaggio da televisione e rotocalchi che uomo di cucina, la sua cucina, saldamente nelle mani della famiglia, dalla mamma alla moglie, dalla sorella al figlio tanto che sarebbe meglio aggiungere sull’insegna una «i»: I Vissani. In ogni modo, per la prima volta nella gestione Vizzari, abbiamo due locali premiati con 19,5 ventesimi: Vissani per l’appunto a Baschi (Terni) e il Gambero Rosso di Pierangelini a San Vincenzo (Livorno). A 19 è così rimasto Heinz Beck, chef della Pergola del Cavalieri Hilton a Roma, quota raggiunta dalle Calandre dei fratelli Massimiliano e Raffaele Alajmo a Rubano (Padova).
Viste queste quattro insegne e considerato che a 18,5 abbiamo il Pescatore di Nadia e Antonio Santini a Canneto (Mantova) e l’Enoteca Pinchiorri di Firenze (Giorgio Pinchiorri ai vini, Annie Feolde ai cibi), è inevitabile un raffronto con la Michelin, il cui top è in pratica opposto. Beck, Pierangelini e Vissani hanno due stelle, Alajmo, Pinchiorri e Santini tre. Parliamo del 2005, e per il 2006? Sarà l’edizione del mezzo secolo e pare che gli ispettori del Bibendum siano mossi da buonismo al punto da non bocciare nessuno a livello di doppie e triple stelle. Non solo: l’Italia dovrebbe festeggiare un quinto tre stelle e almeno un altro paio di due stelle. Pronostici? La logica dei gommisti è particolare. Pare una corsa a tre: qualità dei piatti a parte, Beck perché ha un locale placcato oro, Pierangelini perché «uomo solo al comando» e Vissani un po’ perché ha rifatto gli interni, un po’ perché farebbe audience da Vespa ballando e cantando, e poi, sotto sotto, perché i nostri cugini sanno essere perfidi.
E da lunedì «Dire fare mangiare» alla Città del Gusto a Roma, tre giorni golosi che si apriranno con l’anteprima della guida del Gambero. Nell’edizione che sta per andare in archivio venti locali con tre forchette, su tutti quello di Pierangelini con 96 centesimi (e Vissani secondo a 95). Però hanno gli stessi punti, 56, per la sola cucina. Secondo indiscrezioni, dal paradiso governato da Stefano Bonilli usciranno in due e quattro vi entreranno. Proviamo a divinarle: il Caino a Montemerano (Grosseto), un ritorno dopo un anno di purgatorio, Combal.

zero a Rivoli (Torino), tra l’altro il massimo per l’Espresso in Piemonte grazie al genio creativo di Davide Scabin, Cracco-Peck a Milano con Carlo Cracco sempre più saldo in cima alla Madonnina, e infine Uliassi a Senigallia (Ancona).

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