Quando la storia si mescola alle leggende e la verità fa da cornice alla fantasia in un equilibrio in cui si perdono i confini tra l'una e l'altra, il risultato non può non essere coinvolgente: Ippolito Edmondo Ferrario, dopo il saggio «Triora, Anno Domini 1587. Storia della stregoneria nel Ponente Ligure», che gli valse la Cittadinanza Onoraria a Triora, torna a parlare di streghe e misteri ambientati nello stesso luogo, ma questa volta con un noir, «Il pietrificatore di Triora».
L'antico borgo del ponente ligure che, prendendo in prestito le parole di Minnie Alzona, è dotato di una sinistra bellezza, si trova quasi confinato al limite dell'entroterra, arroccato sul pendio del Frontè, stretto nell'abbraccio drammatico di quattro fortezze, con le case addossate l'una all'altra: sembra una città concepita per difendersi da un'aggressione, quasi assediata dal presentimento del male che ha poi finito per travolgerla, e, di sicuro, è il paese più adatto a far da cornice a questa storia.
L'autobiografico protagonista, Leonardo Fiorentini, è un mercante d'arte milanese ed investigatore privato; un facoltoso avvocato decide di affidargli il compito di rintracciare la nipote scomparsa a Triora. Il caso però diventa più difficile ed inquietante del previsto: nel corso dell'annuale festa di Strigora, con la quale si rievoca il processo per stregoneria avvenuto nel 1587, un serial killer dimostra di possedere e saper mettere in atto le conoscenze e le tecniche per trasformare alcune giovani in statue secondo un arte, la pietrificazione, che venne messa a punto ed applicata a metà dell'ottocento da diversi e illustri scienziati, tra cui, Paolo Gorini.
È una prosa colloquiale quella scelta da Ippolito Edmondo Ferrario, che riflette, senza grossi filtri, i pensieri del protagonista-narratore. Ma, se da un lato, in questo modo la narrazione acquista veridicità, dall'altro, in alcuni punti, la scelta stilistica è talmente esasperata da macchiare con un po' di volgarità alcune pagine.
Nel complesso però risulta una piacevole lettura che può far tremare, ma di sicuro fa anche ridere e non cade mai in dettagli inutilmente macabri.
La grande passione dell'autore per Triora e per la sua storia, che traspare in tutte le pagine, fa sì che il lettore si senta avvolto, proprio come per magia, da quell'affascinante atmosfera che solo un luogo bello e dannato può ispirare.
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