Di Pietro, bugie e figuracce L’autodifesa è un’autorete Il leader Idv davanti alla giuria amica di Santoro e compagni riesce a sfuggire ancora una volta alle domande del «Giornale»

SFACCIATO Tonino dichiara perfino che suo figlio non è indagato E nessuno lo contesta

Una difesa gridata, a tratti imbarazzata. Che però non cancella i dubbi fin qui emersi. Ad Annozero Antonio Di Pietro ha difeso se stesso, suo figlio, il partito. Ma le ombre restano. Eccole.
A Cristiano è indagato, ma per papà non è inquisito.
Parlando del pargolo Cristiano, dopo che in trasmissione sono passate quelle scoccianti telefonate con Mautone, Di Pietro lo assolve, spiegando che proprio per quelle chiacchiere Cristiano si è dimesso. E quando Santoro gli ricorda che non ha lasciato il posto in consiglio provinciale, l’ex Pm esplode: «Che potevo fare, prenderlo a randellate?». Sfogo poi stemperato: «Non ha avuto avvisi di garanzia, non è imputato di niente». Niente? Per la Procura solo corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio.
B Cristiano e gli affari di cui non si parla.
Non una parola sulle gravi contestazioni che i Pm fanno a Cristiano Di Pietro. Che caldeggiava con Mautone la «sistemazione» di professionisti amici, oltre a raccogliere informazioni su contratti di fornitura per caserme e su restauri di opere. Tonino fino a pochi giorni fa aveva difeso sui quotidiani molisani quegli atteggiamenti: «Magari tutti difendessero le professionalità locali come ha fatto lui». Ora fa marcia indietro, stigmatizza ma insiste sulla «irrilevanza» penale. Uno degli appalti «incriminati» tira in ballo la Arcus, spa ministeriale che, per conto dei dicasteri di Cultura e Infrastrutture, gestiva interventi milionari. Tra questi il recupero della Torre di Montebello, a Montenero di Bisaccia. Che rientrava in un pacchetto di lavori firmati anche da Di Pietro prima del voto. Per i sindacati, l’unica urgenza di approvarlo era un ritorno clientelare.
C La talpa e le mille versioni.
Nel dicembre scorso il Giornale rivela che Mautone, uomo vicino a Di Pietro, è coinvolto nell’indagine Magnanapoli. Tonino nega che l’ex provveditore sia un suo uomo. Anzi, l’ha rimosso dall’incarico, precisa, «alle prime avvisaglie dell’inchiesta». Cioè ad agosto 2007, quando nessuno aveva notizia dell’indagine in corso. Messo alle strette, il leader Idv prima dice di averlo saputo dalle agenzie di stampa, che non ne parlarono mai. Poi parla di imprecisate fonte anonime. Quindi ai Pm, ad Annozero, e ieri all’Espresso, spiega: Mautone fu rimosso perché «chiacchierato». E quelle chiacchiere, giura ora Di Pietro, gli arrivarono tramite la sua squadra di 007 ministeriali guidata da Salvatore Scaletta, già suo strettissimo collaboratore. Eppure, anche questo suo «uomo di fiducia» lo smentisce pubblicamente, nell’intervista pubblicata dal Giornale di oggi proprio in questa pagina. Ma chi è Scaletta? Uno che a maggio del ’94 definì così l’allora Pm: «Potrei dire che fatta l’Italia con il moschetto in spalla, Di Pietro è quello che, con il codice alla mano, cerca di fare gli italiani». E Scaletta è anche quello che, per conto del pool di Milano, interrogava Pacini Battaglia come fonte confidenziale – fuori verbale - attribuendogli notizie (poi risultate false) in merito a conti all’estero, minacce e pressioni riferibili a Carlo Taormina, difensore di molti imputati di Mani pulite. Per la cronaca, Scaletta venne anche perquisito su mandato della procura di Brescia nell’inchiesta su Di Pietro. Se era tutto così chiaro, perché Di Pietro s’è lasciato sfuggire d’aver saputo dell’inchiesta alle sue prime avvisaglie? E perché non ha smentito la Dia che ipotizza un suo intervento su Cristiano per troncare con Mautone?
D Mautone? Non lo conoscevo.
Altro chiarimento mancato i suoi rapporti pregressi e successivi con Mautone. Prima del trasferimento, Di Pietro lo nomina a capo di una commissione ministeriale, poi lo denuncia alla Procura di Isernia (secondo quanto riportato da Di Pietro nel sua memoria ai Pm) e quindi, traslocato a Roma, se lo porta in giro a convegni. Presentandolo al pubblico come il suo braccio destro: «Guardo il provveditore Mautone, che è il mio direttore generale al ministero e che c’ha tanta pazienza, da venire appresso a me...». Ma se Mautone era davvero così chiacchierato, perché non metterlo da parte?
E Il «partito della camorra».
Rispetto alla contestazione del rischio di un «partito della camorra» fatto dal deputato Idv Barbato, Tonino non ha praticamente risposto.

Limitandosi ad annunciare le future sanzioni per indagati e rinviati a giudizio nel partito. Nessun commento sugli indagati, gli intercettati, sul terremoto nell’Idv: di ieri le dimissioni del coordinatore campano Nello Formisano, puntualmente respinte da Tonino.

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