da Milano
La trattativa è stata lunga, sì, ma valeva la pena aspettare: Antonio Di Pietro ha fatto un affarone, comprando un appartamento da una società di Marco Tronchetti Provera e affittandolo, con certezza di rientrare delle spese, anzi, di guadagnarci qualcosa, al suo movimento, lItalia dei valori.
La notizia è emersa dalle dichiarazioni dei redditi dei membri del governo Prodi, imponibile del ministro 187.716 euro, a metà classifica. Se nè accorta Italia Oggi, che ieri citava altri «colpacci» del titolare delle Infrastrutture. A gestire l«operazione casa» è stata la An.to.cri srl, società di proprietà di Di Pietro, che ha acquistato un appartamento di nove vani a Milano, in via Felice Casati 1/A, dalla Iniziative immobiliari di Gavirano, Gruppo Pirelli Real Estate, quello, appunto, del principale azionista Telecom. Come pagamento anche un mutuo acceso alla Banca nazionale del lavoro per 300mila euro, con rate semestrali da 12.580,48 euro che non peseranno sulle spalle del ministro, visto che linquilino, lIdv, gli pagherà un affitto leggermente superiore.
Altra città, stesse mosse. La storia si ripete in quel di Roma, con dieci vani acquistati dalla An.to.cri srl sempre con mutuo Bnl e affittati ancora a Idv, con un guadagno per il ministro di 60mila euro allanno. Là dove a facilitar le cose spicca il nome dellamministratrice della srl di Di Pietro: Silvana Mura, tesoriere del partito. Per i due immobili Di Pietro ha dovuto versare, in quanto socio unico della società che ha stipulato i mutui, un milione e 183mila euro.
Quisquilie, certo, a confronto delle attività immobiliari del passato, quando Di Pietro non faceva il ministro ma il magistrato di Mani Pulite. Per quelle finì sotto inchiesta a Brescia, era il 1996. Non ci fu luogo a procedere, ma gli atti rivelarono alcune situazioni, come dire, inopportune per un pm. Quella garconnière proprio dietro alla Scala di Milano, per dire, che Di Pietro poté utilizzare fino al 94 e che utilizzò mettendola a disposizione del figlio Cristiano: la ottenne tramite il Fondo pensioni Cariplo, quando vicepresidente era quel Sergio Radaelli, socialista, in precedenza inquisito dallo stesso Di Pietro. Proprietario limprenditore Antonio DAdamo, che diversi guai ebbe con Mani Pulite e che nel 96 fu uno dei grandi accusatori dellattuale ministro. Il nome di DAdamo è una costante di molte benevolenze allex pm: lui pagò per almeno un anno e mezzo la suite da 5-6 milioni di lire al mese al residence Mayfair di Roma, lui fornì un appartamento a canone gratuito per Rocco Stragapede, storico collaboratore di Di Pietro, lui donò la Lancia Dedra di Di Pietro e consorte. E da lui arrivarono benefit fra i più vari. Fra gli altri, il vestiario di lusso nelle sartorie Tincati, Fimar e Hitman di Milano, un jet privato per partite di caccia, il cellulare per Di Pietro e il cellulare per Stragapede, e poi ombrelli, agende, persino stock di calzettoni al ginocchio e una libreria per la casa di Curno. Soprattutto, fu lui a prestare 100 milioni senza interessi a Di Pietro, che li restituì nel 1995 in una scatola da scarpe.
Un anno prima, poco prima di dimettersi, altri cento milioni il pm li aveva restituiti a un altro imprenditore inquisito, Giancarlo Gorrini, che glieli aveva prestati, lui pure, a tasso zero. Di Pietro ci aveva comprato la casa per il figlio, a Curno. Altri tempi.
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