Pigro, sciatto e insicuro Per colpa del padrone il micio invecchia male

Sebbene si tramandi da secoli che sia imperturbabilmente magico e che abbia ben sette vite, lemme lemme e prima o dopo anche il gattone di casa diviene nonno-micio. Le recenti statistiche rivelano che i nostri compagni domestici hanno acquisito una maggiore longevità rispetto a una volta, raggiungendo la media dei quindici anni. Eppure non siamo sempre in grado di valutare i segni che il tempo incide su di loro. Seppur il pelo non diventa bianco e se tra le vibrisse non si scavano le rughe o non si scatenano segnali di rimbambimento dovuti alla sordità, anche i felini vanno soggetti a malattie tipiche delle lune che camminano, come la demenza senile. Dopo i sette e soprattutto dopo i dodici anni per i gatti si registrano piccoli ma importanti mutazioni dell’energia vitale.
Come accorgersi? Flavio Morchi, medico veterinario e direttore della sezione scientifica di una nota casa di prodotti per l’alimentazione dei quattrozampe, ha effettuato una ricerca sull’argomento in grado di aiutare gli appassionati di miao-miao anziani a riconoscerne alcuni malesseri, tenendo conto che l’80% dei proprietari di un animale avanti con gli anni non vuole ammettere che il suo amico stia invecchiando e tende a non intervenire nel suo regime di vita.
Ecco un test per comprendere i danni del calendario. Ti sembra che il tuo gatto faccia più fatica di un tempo ad alzarsi o sdraiarsi? Hai l’impressione che si appisoli all’improvviso e per un periodo più lungo del solito? Ti pare più dispettoso e più irritabile? Se la risposta è «sì» almeno a una di queste domande, vuol dire che la bestiolina sta incanutendo pur non avendo nessun pelo più chiaro.
Ma ci sono anche altri indizi. Una delle caratteristiche del felino è l’estrema cura che rivolge alla sua «persona». È vanitoso e dedica molto alla pulizia e alla bellezza del suo aspetto. Se l’attenzione del nostro «suonatore di fusa» al propio corpo si affievolisce, è un segno che ci deve far riflettere. Un’altra spia è l’astensione dal cibo, sintomo conseguente al calo del senso più delicato in lui: l’olfatto. Un micione si nutre in media dalle quindici alle diciasette volte al giorno. Se non si avvicina alla ciotola con la frequenza di prima significa che alcuni disagi sono intervenuti, come il tartaro e l’irritazione gengivale.
Già a sette anni lampeggiano i cambiamenti nel comportamento del nostro amato, vivente peluche che comportano una sofferenza. Gioca meno, perché le sue articolazioni si fanno meno duttili, oppure la sua pelliccia, setosa e soffice, si fa più secca e più irsuta al tatto. Addirittura, passati i dodici anni, diventa opaca. Non c’è quattrozampe più coccolone di lui. Pur essendo indipendente e solitario, cerca in continuazione il contatto fisico con l’uomo. Il rifiuto alle carezze è un ulteriore prova del suo invecchiare. Oggi molti veterinari consigliano cure per affrontare questa ultima fase della vita, ma come per noi umani il primo, serio intervento contro i danni del tempo sta nell’alimentazione.

Per il nostro gatto valgono le due regole utili anche a noi: molte vitamine soprattutto del gruppo A, E e C, antiossidanti, oligoalimenti, come piattini di riso, carne e verdure, per mantenere vigili le sue facoltà cognitive e soprattutto l’inesauribile vitalità, perché non c’è Silvestro, anche se avanti con gli anni, che non riesca a far fronte ad attacchi di mici più piccoli. Se ben alimentato e seguito un gattino casalingo può arrivare comodamente ai vent’anni in salute e felicità.

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