Manca una decina di giorni all’arrivo «sul mercato» della pillola abortiva. E gli ospedali milanesi si trovano a fare i conti sulla gestione - eticamente difficile - della Ru486. Alla clinica Mangiagalli, il principale ospedale ostetrico ginecologico della Lombardia guidato da Giancarlo Cesana (Comunione e Liberazione), i medici hanno cominciato le riunioni già da un paio di settimane. Obbiettivo: adottare protocolli che garantiscano un’effettiva libertà di scelta alle donne ma che evitino qualsiasi tipo di rischio per la loro salute.
In sostanza, si sta esaminando come formulare i fogli del consenso informato, che le pazienti devono firmare prima di assumere il farmaco abortivo. L’intenzione dei ginecologi è quella di fare in modo che le donne rispettino il ricovero (obbligatorio in Lombardia) di tre giorni. Bisogna cioè evitare che le pazienti assumano il farmaco e poi firmino le dimissioni dell’ospedale con il rischio di abortire a casa senza assistenza. In Mangiagalli saranno previsti dei letti aggiuntivi per le pazienti che richiedono la Ru486 per non togliere posto alle altre donne ricoverate.
Mauro Buscaglia, primario di ostetricia e ginecologia dell’ospedale San Carlo, lancia un appello alla Regione Lombardia. E lo fa proprio mentre ogni ospedale si sta organizzando da sé per gestire la novità. «Spero che dal Pirellone - spiega - arrivi la proposta di un protocollo uguale per tutti. Sarebbe assurdo che ogni ospedale avesse il suo. Occorre un protocollo comune sul dosaggio e i criteri di somministrazione del farmaco, e anche su come impostare il foglio del consenso informato». Il reparto di ginecologia del San Carlo tuttavia non prevede un grosso quantitativo di richieste e riserverà alle pazienti della Ru486 solo un paio di letti: «Per ora effettuiamo circa 800 aborti all’anno - spiega Buscaglia - soprattutto tra le straniere. Con l’arrivo della pillola abortiva calcoliamo un aumento delle richieste del 10%». La somministrazione entro la settima settimana fa sì che in poche possano richiedere il farmaco.
In Regione Lombardia l’argomento Ru486 non viene affrontato volentieri. I tecnici del Pirellone sono in attesa di indicazioni dal ministero della Salute e stanno pensando di suggerire un protocollo comune a tutti gli ospedali regionali. «È possibile - conferma l’assessore lombardo alla Sanità Luciano Bresciani -. Stiamo valutando».
Per ora quelli toccati più da vicino dall’arrivo della pillola sono i medici dei consultori delle Asl. Sono loro, nella maggior parte dei casi, i primi a cui le donne in difficoltà si rivolgono per chiedere aiuto. E dal primo aprile dovranno dare risposte e indicazioni certe sulle procedure per l’utilizzo della Ru486.
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