«La pillola abortiva uccide dieci volte più del bisturi»

Maria Luisa Di Pietro denuncia in un’audizione alla Camera i rischi della Ru486 per le donne

da Roma

Anche se farmacologico, l'aborto con la pillola RU486 non è così sicuro per la donna: il rischio di morire infatti è dieci volte superiore a quello dell'aborto chirurgico, senza contare che il 5% di chi vi ricorre deve essere comunque sottoposto ad intervento chirurgico, e il 90% riporta dolori molto forti. A dirlo è Maria Luisa Di Pietro, presidente dell'Associazione Scienza e vita, nel corso di un'audizione informale presso la commissione Affari sociali della Camera.
«Il rischio di morte dopo l'assunzione dell'RU486 e del misoprostolo, l'altro farmaco ad essa associato - ha spiegato Di Pietro - è di 1 su 100mila, contro lo 0,1 su 100mila dell'aborto chirurgico, il che significa che è dieci volte superiore. Le cause di morte non sono ancora chiare, il che rende impossibile ipotizzare una loro possibile prevenzione».
Accanto a questi rischi, ha aggiunto Di Pietro, c'è inoltre il fatto che in molti casi l'aborto si verifica fuori dall'ambiente ospedaliero. «Il 2-5% delle donne - ha continuato - abortisce nell'intervallo tra il primo e il terzo giorno, cioè tra quando si prendono la RU486 e il misoprostolo, l'80% entro le 24 ore dal secondo farmaco e il 15% in tempi successivi, con un'attesa che può arrivare fino a 15 giorni. È inoltre possibile che la donna non si presenti nel quindicesimo giorno per il controllo».
Ma secondo gli altri medici intervenuti nell'audizione, come Romano Forleo, docente di Psicosomatica ginecologica dell'università Tor Vergata, «non esistono dati sicuri della letteratura scientifica internazionale - ha commentato - che dicano che il tasso di mortalità con la pillola sia più alto». Anche secondo Giuseppe Benagiano, direttore della scuola di specializzazione in Ginecologia della Sapienza, «l'aborto farmacologico non è né così pericoloso, né così facile per la donna. Tanto che dove si è sperimentata e usata, non si è avuto un incremento dell'aborto. I rischi dunque, tra aborto chirurgico e farmacologico, sono dunque equiparabili e non si può chiedere ai medici di schierarsi ideologicamente su tale questione».
Come ha dichiarato il sottosegretario alla Salute, Antonio Gaglione, «non è una questione di essere favorevoli o meno alla terapia chirurgica o farmacologica. La politica tutt'al più può pronunciarsi sull'aborto, ma non sul mezzo per effettuarlo. Questa è una scelta che deva spettare all'Aifa, le società scientifiche e i medici».


La commissione Affari sociali dovrebbe effettuare un'altra audizione informale ancora, ha concluso il presidente, Mimmo Lucà, «ma ancora non sappiamo se e come presenteremo i risultati di quanto abbiamo ascoltato. Una questione da chiarire è quella se la RU486 andrà somministrata in fase di ricovero ospedaliero o meno.

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