C'è scritto in ogni manuale di economia: valorizzare le eccellenze è una delle ricette (forse la più efficace) per fare ripartire un Paese. A volte, però, politiche poco lungimiranti hanno creato le premesse per bloccare sul nascere le potenzialità di crescita di alcuni settori. Uno dei casi più eclatanti è quello della pioppicoltura italiana che, pur alimentando un'industria di trasformazione di primissimo piano, ha vissuto negli ultimi 30 anni un lento e inesorabile declino.
Ma facciamo un passo indietro, per la precisione al trentennio 1950-1980. Sfruttando il volano del boom economico, la pioppicoltura ha vissuto un periodo di grande sviluppo arrivando a superare i 170mila ettari di piantagioni.
Fin qui tutto bene, ma qualcosa sarebbe intervenuto da lì a poco per interrompere una crescita che pareva inarrestabile.
«Dai primi anni Ottanta - dice Nicoletta Azzi, membro del consiglio direttivo di Assopannelli - le istituzioni non solo hanno deciso di disinteressarsi di un comparto che contava 62mila aziende, ma ancora più colpevolmente hanno incominciato a porre vincoli, lacci e lacciuoli ambientali sempre più penalizzanti con effetti dirompenti sull'intero sistema».
Risultato: un lento ma inesorabile declino che ha portato dal 1980 al 2010 al crollo della superficie coltivata e delle aziende (oggi si contano poco più di 39mila ettari e circa 18mila realtà pioppicole).
Paradossalmente la richiesta annua di legname di pioppo per usi industriali è cresciuta fino a raggiungere la cifra di circa 2,8 milioni di metri cubi. Da qui la necessità di ricorrere alle importazioni per 276mila metri cubi annui. E stiamo parlando di un comparto di alta qualità, che ha una capacità produttiva di 370mila metri cubi di pannelli compensati per la realizzazione di arredi ed elementi per l'edilizia. Insomma, un'altra eccellenza tutta italiana che il mondo ci invidia.
«Un esempio di questa unicità viene da un capolavoro, un'opera ammirata in ogni angolo del pianeta, Monna Lisa di Leonardo. Dipinta su una tavola di pioppo, ha 500 anni e vive ancora in splendida forma».
Dicevamo del paradosso, appunto. Che non sorprende più nessuno visto che, purtroppo, il nostro Paese si è spesso distinto per la miopia negli investimenti a lungo termine, soprattutto nel settore ambientale.
«Ecco perché, come Assopannelli di FederlegnoArredo - aggiunge Nicoletta Azzi - ci stiamo battendo affinché venga riconosciuto il ruolo ambientale positivo della pioppicoltura. Il riconoscimento dei crediti di carbonio (ovvero la capacità dimostrata e certificata di assorbire Co2) rappresenterebbe sicuramente un importante strumento di crescita per gli operatori del comparto agro-forestale». A questo aspetto si deve aggiungere quello della difesa del suolo e di regimentazione della acque grazie a un'attività colturale che sfrutta metodi moderni e scientificamente avanzati.
Inoltre, l'incremento della pioppicoltura può contribuire a ridurre la pressione sui boschi naturali. Il pioppo italiano come materia prima strategica, dunque, ma è evidente che sono anche necessarie soluzioni tecniche per invertire la rotta.
Anche in questo caso Nicoletta Azzi non ha dubbi: «Innanzitutto va individuato il pioppo come materia prima strategica. Quindi va valorizzata la certificazione pioppicola per migliorare l'immagine di questa traordinaria materia prima.
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