È più difficile restare sulla cresta dell'onda oppure scenderne? All'amletico dubbio Pippo Baudo replica con l'ammiccante saggezza di Gabriel García Márquez. «Una volta raggiunta la vetta bisogna per forza venire giù. Ma il più lentamente possibile». In cima al divismo mediatico «Superpippo» c'è rimasto 54 anni. Possibile che ora sia iniziata per lui la sia pur lentissima - discesa?
Nel 1986 ricopriva da solo l'intero fine settimana tv della Rai. Cosa mai accaduta prima. Oggi il suo ultimo programma - Il viaggio - è stato cancellato nonostante i buoni ascolti; la sua ultima apparizione, quale giurato nello show di Carlo Conti Si può fare! , non concederà il bis. Per la prima volta da decenni il suo nome non compare più in alcun palinsesto. Per la prima volta Pippo Baudo è disoccupato. E per uno come lui, che deteneva ogni possibile record di «pippobaudite» catodica, e pativa come vere «crisi d'astinenza» le pur temporanee latitanze dal video, si tratta d'una realtà dura da accettare. «Eppure il pubblico mi vuole ancora bene. Quando giro per strada tutti mi chiedono la stessa cosa: Perché non fa più tv?. E con un affetto tale - perfino da parte di quei giovani che, a rigor di logica, neppure dovrebbero conoscermi - che dovrei tornarmene a casa contento. In realtà, a quella domanda, io stesso non so cosa rispondere». La risposta dovrebbe piovere, semmai dai piani alti di viale Mazzini. «Io di idee e progetti per nuovi programmi ne ho. E infinite volte ne ho parlato ai dirigenti Rai. Ma loro replicano sempre allo stesso modo. Con cortese evasività». Il problema vero, dunque, non sarebbe la disaffezione del pubblico. Ma quella dei direttori di rete. «Hanno deciso d'ignorarmi per partito preso. E intanto credono di reinventare il mondo; ma non hanno alcun progetto. Pensano di partorire chissà quali nuove idee. E scoprono soltanto l'acqua calda». Così, dopo mesi di tentativi, ora Pippo Baudo non si umilia nemmeno più a chiedere appuntamenti. «Non per arroganza. Per educato riserbo. Non voglio mettere in difficoltà quei poveretti, costringerli a degli spiacevoli no».
Qualcuno potrebbe sostenere che lo stile, la faccia stessa di Baudo, possano ormai risultare datati. «Non mi sembra. Se il mio amico Carlo Conti ringrazia proprio me e il mio stile, per spiegare parte del successo del suo Sanremo , qualcosa, sull'attualità di quello stile, vorrà pur dire». Può essere allora tutto dipenda dai suoi 78 anni? In fondo proprio Baudo è l'emblema di una tv che invecchia, seguita ormai soprattutto dagli ultrasessantenni. «Ma no: il problema non è la tv è la mentalità. Solo in Italia i grandi nomi finiscono in disarmo per raggiunti limiti d'età. In Inghilterra, Francia, America soprattutto, il rispetto per le star, televisive e non, aumenta proprio coll'aumentare delle loro primavere». Del resto perfino al proverbiale nemico-amico Mike Bongiorno toccò essere messo da parte: «Li raccolsi io, i suoi amarissimi sfoghi. In Italia la tv commerciale l'ho inventata io! si lamentava -. Possibile che, dopo tutto quel che ho fatto, non mi rispondano neppure al telefono?. Ma l'ingratitudine si manifesta coi sistemi più subdoli. Anche semplicemente negandosi alla cornetta». Mentre lui, che nel '67 con Settevoci inventò il talent-show , che dai '70 ai '90 ha scoperto e lanciato i maggiori divi tv (da Goggi a Cuccarini, da Montesano a Solenghi-Marchesini-Lopez), lui che ha firmato 13 Sanremo e 15 Domeniche In , lui, a dichiararsi superato, non ci sta. Forse è proprio la tv ad essere troppo cambiata per Pippo Baudo. «Ah: che sia cambiata non c'è dubbio! Basta confrontare le mie Domeniche In con quelle di oggi. Nelle mie facevamo i giochini ma presentavamo anche i libri; ospitavamo i divi della canzonetta ma anche intellettuali come Moravia, la Fallaci, Arbasino, Montanelli. Un giorno Leonardo Mondadori mi confessò che ogni volta che un suo libro veniva presentato da noi, quasi triplicava le vendite. Era la Rai democristiana del mitico Sergio Pugliese; quella che per reazione al dominio delle sinistre nel campo culturale, aveva scelto di formare il Paese abbinando intrattenimento a qualità. Era la Rai che, con quel sistema, alfabetizzò milioni d'italiani». E che con quel sistema conquistò perfino le sinistre: «Quando Angelo Guglielmi mi chiamò a collaborare con lui a Raitre io gli obbiettai guarda che non sono del tuo partito. Proprio per questo ti chiamo! ribatté lui - perché tu mi garantisci cultura in forma popolare». Mentre oggi, certa tv Baudo non la riconosce più; certi programmi non riesce neppure a vederli. «Contro i reality-show ho combattuto invano, sembravo Don Chisciotte contro i mulini a vento. Se preso sul serio Il Grande Fratello avrebbe potuto essere un cenacolo televisivo d'alto livello, veramente degno di George Orwell! E invece è un falso, una patacca, condito di volgarità e di prurigini sessuali». E del talent-show , che ne pensa? «Quello l'ho inventato io quarantotto anni fa, con Settevoci , e poi l'ho ripreso in Gran Premio , in Fantastico , in Numero Uno ... Penso che sia un'eccellente idea tv. Ma troppo sfruttata. Se ne possono fare tre a settimana? L'Italia non è mica l'America: quanti geni dello spettacolo potrà mai contenere?».
Anche se momentaneamente escluso, Pippo non riesce a soffocare il proprio amore per la tv pubblica. «Che grande azienda era! Che straordinarie professionalità possedeva! Ricordo quando ospitai Perry Como, quello di Magic Moments , a Canzonissima . Sbalordendo per quanto lavoro c'era dietro ad una sola puntata, commentò: «Bellissima. Ne fate una all'anno?». «No gli rispondemmo - una a settimana». E la Rai di oggi? «Una volta potevamo dar lezione agli americani. Oggi sono gli americani, a darla a noi». Gli ormai abituali appalti a società esterne come Endemol, Ballandi, Magnolia afferma - la impoveriscono progressivamente: disperse le maestranze, dissipato un patrimonio che ne faceva la migliore tv del mondo. «È come se, invece di far correre gli atleti della tua squadra, tu ingaggiassi quelli di altre. Che senso ha? Poi per forza che i tuoi escono fuori gara». Risultato? «La Rai è spenta, grigia, senza più sfumature. Anzi: la Rai è cinquanta sfumature di grigio». Ammette di sperare che la nuova riforma, da poco delineata, possa migliorare un po' la situazione. «Ma non ci credo molto».
E intanto? Come vive, Superpippo, la forzata inattività? «Come un animale in gabbia. Noi siamo bestie da circo: teneteci fuori dalle luci dello chapiteau , e ci tormentiamo camminando in su e in giù dietro le sbarre». Un tormento, nonostante tutto, accettato e gestito quasi con serenità. «Col tempo ho imparato a dominarmi. A prendere le cose con maggior ponderatezza». Lontani gli anni degli infuocati match con Manca (che provocò il divorzio dalla Rai) e con Berlusconi (cui seguì quello da Mediaset): oggi il vulcanico, irascibile Baudo è un colto, civile, garbatissimo signore, che sulla scia del successo teatrale di Sistina Story viene chiamato in molti teatri, a raccontare i suoi 54 anni di tv. E, in qualche modo, 54 anni di storia italiana. «Suono al piano le mie sigle-cult - da Donna Rosa a Una domenica così - proietto foto e filmati d'archivio, racconto cos'è stata la mia vita. La gente la ricorda con me e, assieme a me, rivive la propria. Una grande emozione ogni volta, per me e per loro. Potrei campare solo di questo».
Potrebbe.
Ma naturalmente non vuole. Il telefono per ritentare, coi piani alti di viale Mazzini, è sempre lì, a portata di mano. «Ma non voglio diventare molesto. Hanno il mio numero. Quando penseranno di avere bisogno di me, sapranno dove chiamarmi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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