Comincia ad avere significativi sviluppi l’arresto a Napoli, avvenuto sabato scorso, del ventottenne franco-algerino Ryad Hannouni, considerato dagli inquirenti vicino ad Al Qaida. Due operazioni antiterrorismo sono state condotte nel sud della Francia e hanno portato alla cattura di dodici persone tra Marsiglia, Avignone e Bordeaux.
Nove arresti riguardano dei malviventi implicati nella fornitura di armi a un gruppo che progettava un’azione terroristica: sono stati sequestrati dei fucili mitragliatori kalashnikov e dei fucili a pompa. Ma particolarmente interessante risulta invece l’arresto di tre uomini sospettati di avere rapporti diretti con Hannouni e i cui nomi e numeri di telefono sono stati rinvenuti in un taccuino che l’uomo fermato vicino alla stazione centrale di Napoli aveva con sé. La Francia avrebbe già chiesto l’estradizione di Hannouni, che era recentemente rientrato dalla zona di frontiera tra Pakistan e Afghanistan dove aveva combattuto nelle fila degli integralisti islamici, per interrogarlo sulle connessioni dei tre arrestati con il fronte della “guerra santa” in Afghanistan.
Non tutti sono però convinti che questa “afghan connection” sia necessariamente collegata al terrorismo. Una fonte legata all’inchiesta ha infatti suggerito prudenza: potrebbe anche trattarsi di «legami più limitati», relativi forse all’immigrazione clandestina o a un giro di documenti falsi.
Gli investigatori italiani vogliono comunque prima ricostruire gli aspetti della vicenda che riguardano il nostro Paese: intendono quindi fare luce sulla rete dei contatti in Italia del sospetto terrorista e sul perché sia arrivato proprio sul nostro territorio.
È ragionevole aspettarsi nel giro di pochi giorni ulteriori sviluppi di questa vicenda. A Hannouni, infatti, sono stati sequestrati oltre a un kit per preparare esplosivi e al già citato taccuino pieno di appunti e di recapiti, anche un telefono cellulare e un computer portatile. La Procura napoletana sta dando la massima priorità a questo caso e il pool antiterrorismo sta lavorando per imprimere una svolta ulteriore all’inchiesta.
Un altro filone caldo dell’allarme terrorismo rilanciato dagli Stati Uniti riguarda la Germania. Ieri sono stati seppelliti nel Waziristan pakistano gli otto militanti integralisti con passaporto tedesco che erano stati abbattuti il giorno prima da un aereo senza pilota americano. Fra i morti vi è anche Abid Fayyaz, un cittadino tedesco che viene indicato come il responsabile operativo del fallito complotto per compiere attentati in stile Mumbai in diverse grandi città europee. Sono decine i militanti islamici con passaporti europei che si sono recati nelle zone tribali pachistane al confine con l’Afghanistan. La maggior parte aderiscono a Ittehad-e-Jihad Islami, un’organizzazione creata nel 2009 per attrarre cittadini europei fra cui vi sarebbero 60 militanti con passaporto tedesco. Il gruppo è legato al Movimento islamico dell’Uzbekistan, ritenuto responsabile dei falliti attacchi all’aeroporto di Francoforte e alla base americana di Ramstein nel 2007. Secondo le autorità tedesche, in Germania vi sono 30 organizzazioni islamiste con 36.200 aderenti. La principale è «Millis Gorus» (Visione nazionale), gruppo con radici turche sospettato di legami con il terrorismo, che conta 29mila militanti. Ma vi sono anche 1300 aderenti alla Fratellanza islamica egiziana e 900 agli Hezbollah libanesi.
E proprio ieri la polizia keniota ha arrestato e deportato in Germania un sospetto terrorista tedesco. Sascha Alessandro Boettcher, 23 anni, era arrivato in Kenya il 22 settembre scorso ed è stato arrestato nella sua residenza privata a Mtwapa, vicino alla città portuale di Mombasa.
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