Da Pitti a Milano così il sistema moda può battere la crisi

Terminata a Firenze la Kermesse di Pitti, quest’anno abbastanza vivace, sono iniziate le sfilate milanesi della Moda uomo A/I 2010-2011 che termineranno il 20 Gennaio. Le aziende italiane e straniere che hanno tenuto banco in questi giorni di esaltazione del prodotto moda sembrano mostrare una faccia più sorridente rispetto alla stagione precedente. Sarà forse perché alcuni di loro hanno raggiunto i budget nelle boutique aperte al pubblico nei mesi di novembre e dicembre e anche perché le vendite sul web hanno continuato a dare la minima soddisfazione. Non che la crisi sia superata ma sembra superato invece il punto di massima discesa della curva negativa e la ripresa, se pur lenta, si affaccia negli showroom attrezzati come non mai per un auspicato assalto alle vendite.
I buyers sono stati numerosi a Firenze mescolati ai 25.000 tra visitatori e giornalisti provenienti da tutti i Paesi del mondo. I più attesi quelli da Stati Uniti, dove la richiesta è ancora dormiente, da Russia, Hong Kong ed Estremo oriente in generale. Gli imprenditori del settore moda-abbigliamento continuano nella ricerca di sempre maggiore globalità, sia per rafforzare la potenza del marchio e dei loro prodotti, sia per diminuire il rischio che un paniere con pochi mercati di fronte alla crisi possa impoverirsi troppo. I dati di previsione di chiusura del 2009 dicono che è stato l’export a subire un forte contraccolpo passando da 40 miliardi di euro del 2008 a 31 nel 2009 con una variazione percentuale negativa del 23% rispetto ad una diminuzione complessiva di fatturato del 15% da 66 miliardi a 56 miliardi.
Le vendite dei mesi di novembre e dicembre, non ancora valorizzate, non sembrano modificare in positivo le stime attuali che pur permanendo negative concedono ancora un saldo con l’estero di 7 miliardi di euro rispetto ai 16 del 2008. Malgrado il clima generale rimanga irrigidito si è potuto notare negli stand di Pitti e alle sfilate, showroom milanesi un qualche sorriso e ammiccamento rivolto alla stampa che insistentemente chiede notizie. Certo il peggio è passato ma per le aziende che soffrono di più la ripresa è troppo lenta e rischia di lasciare sul lastrico le piccole imprese che non hanno la forza di resistere. Se qualche aiuto è venuto non è stato sufficiente a compensare la mancanza di ordinativi che mette in ginocchio anche il più oculato e impegnato degli imprenditori anche se ha affrontato la crisi con innovazione tecnologica, creatività, massimizzazione della qualità ottenendo anche con la riorganizzazione produttiva un ottimo rapporto prezzo/prodotto.
Sta di fatto che avere dei buoni marchi alle spalle è la più grande ricchezza che il Made in Italy possa vantare nel mondo. Accanto ai marchi storici si evidenziano realtà emergenti che in poco tempo hanno saputo creare oltre a nuovi prodotti in campo giovanile buone griffes che se ben pilotate potrebbero rimanere saldamente sul mercato. È appunto verso queste nuove realtà che i fondi d’investimento si rivolgono per nuove prospettive di business e di creazione di valore.

Pronti a fare shopping di griffes sono soprattutto i fondi cinesi allettati da un buon numero di marchi in vendita e dalle valutazioni del valore di acquisto piuttosto modeste. Se questa è stata la crisi più pesante degli ultimi 20 anni non ci si può aspettare che i mercati sia dei prodotti sia dei marchi siano brillanti.

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