nostro inviato a Pittsburgh (Pennsylvania)
Pittsburgh, sette del mattino. È ancora buio e fa freddo. Sotto le arcate di un teatro lungo la centralissima Penn Street trovi alcune persone sdraiate per terra, avvolte nei sacchi a pelo. Una signora con laria stravolta cerca di scaldarsi stringendosi in una giacca sgualcita. Pensi: «Sono dei barboni». Li osservi meglio e ti accorgi che non sono dei clochard; sono persone normali, sebbene malmesse. La tua mente corre: «Ecco le prime vittime della crisi, è gente che ha dovuto vendere la casa e ora vive per strada». Impietosito, ti fermi a parlare con loro, poi arrossisci. Macché barboni, sono fan di Smokey Robinson, in coda dalle cinque per assicurarsi gli ultimi biglietti per il suo spettacolo.
Durante il giorno ti muovi per la città e resti piacevolmente interdetto. I ristoranti sono pieni di giorno e di sera, la gente è spensierata. Cerchi di affittare unauto ma non riesci, tutti i veicoli sono presi. E ti chiedi: ma la crisi dovè?
Cè, ovviamente, anche in Pennsylvania. Ma mentre Wall Street crolla e leconomia nazionale sprofonda nella recessione, scopri unAmerica che resiste, che i tempi bui li ha già affrontati e ce lha fatta. Pittsburgh fino a una trentina di anni fa era soprannominata Steel City, la città dellacciaio, poi è arrivata la globalizzazione che ha devastato la siderurgia Usa. Il suo destino sembrava segnato e invece nel 2007 è stata premiata come città più vivibile dAmerica.
Negli anni Ottanta era abitata da operai disoccupati, oggi da funzionari, studenti e tantissimi ingegneri, come Vijai Choudari che è arrivato dallIndia 26 anni fa e oggi è americano di nazionalità e nel cuore: «Questo è il secondo conglomerato urbano in America per numero di laureati in rapporto alla popolazione», afferma con orgoglio, esibendo al petto una spilla con la scritta McCain-Palin. La città è autenticamente multietnica: i bianchi costituiscono il 67% della popolazione, con forti comunità di origine tedesca, italiana, polacca, i neri oltre il 25%, mentre asiatici e ispanici sono in continua crescita. Ma la convivenza è pacifica e il tasso di criminalità più basso rispetto al resto degli Stati Uniti.
Oggi il suo tessuto economico è tra i più moderni e solidi del Paese. Anziché cercare di difendere unindustria destinata a morire, Pittsburgh ha saputo creare nuova realtà, puntando sulla ricerca anziché sulla finanza. Il più grande datore di lavoro è, con 26mila impiegati, la University Pittsburgh Medical Center, un colosso della medicina che gestisce ospedali in tutto il mondo. Qui hanno aperto laboratori tante società specializzate nella biotecnologia, colossi farmaceutici come Bayer e GlaxoSmithKline o del nucleare come Westinghouse. E la siderurgia? Resiste, con 8mila addetti, ma puntando su settori ad alto valore aggiunto come quello del titanio. Persino il settore immobiliare regge. «I prezzi sono stabili e il numero di sequestri per mancato pagamento del mutuo addirittura in calo rispetto al 2007», spiegano in Municipio. Basta un giro nelle zone residenziali per averne conferma. I cartelli con la scritta «in vendita» sono rarissimi, anche nei quartieri più poveri come quello della South Side, che anzi rinasce a nuova vita. Pochi hanno contratto i famigerati mutui subprime, anche perché non ce nè mai stato bisogno: i prezzi sono cresciuti in proporzione allincremento del reddito medio. «Vuole sapere qual è il nostro segreto?», chiede litaloamericano Mike Anselmo, manager di Pnc Financial, la banca principale della contea. «Mentre il resto del Paese si arricchiva sotto la spinta della finanza facile, noi lottavamo per uscire da una depressione che non era passeggera, ma strutturale. Ma siamo stati saggi e la debolezza di 25 anni fa si è trasformata nella nostra forza».
Oggi Pittsburgh può contemplare serenamente il futuro. È caduta, si è rialzata. Ha creduto in se stessa, pretendendo, con successo, una seconda chance. E ha vinto. Non è questo il segreto del sogno americano?
Gradevolissima Pittsburgh; non è effervescente come New York e San Francisco, ma nemmeno banale come la maggior parte delle città di provincia americane.
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