Tra pizzi e gioielli tribali le novità per sfidare la crisi

Tribale e manuale. Esce dall'annoso manuale dell' aziendalità di lusso il Macef, per guardare al futuro voltandosi verso un passato primitivo da cui trae origine una nuova creatività. Materiali che arrivano dai paesi non più denominabili in via di sviluppo, perché stanno sviluppando soluzioni per non parlare più di crisi. «La linea di bijou «Naturalia» è realizzata a mano nelle Filippine solo con legni, madreperla, conchiglie e corno. Collane e bracciali si ispirano ad oggetti che in alcune tribù sono indossati anche dai maschi. Questo può essere un invito per i ragazzi: perché tatuaggi sulla pelle, piercing, buchi nelle orecchie e non gioielli tribali?» racconta Dario Ghitti dell'azienda bresciana Barbieri. «Sono di sinistra ma su una cosa Berlusconi ha ragione: basta parlare di crisi, noi ci automortifichiamo con un pessimismo che non ha ragion d'essere».
Artisticità e genialismo: altre due parole d'ordine per aspirare a far parte di un domani che è stanco di web e reti immaginarie ma punta a lanciare la materia prima, dalla carta alla paglia. Genialità anche nel mobile grazie all'idea di Sergio Cattaneo, che ha brevettato un modulo d'alluminio «Marcaclac Sistema», uno scheletro sul quale può essere costruita l'intera mobilia della casa, dal tavolo alla libreria, risparmiando il 60% del materiale. «Oggi vince chi ha un'idea - racconta Cattaneo -. Dovevamo esporre un armadio lungo 8 metri e 40, profondo 1 metro e 70. E' un armadio cabina in grado di contenere tutto. Si apre e si possono estrarre cassetti, appendiabiti, scarpiere, senza più bisogno di fare il cambio estate - inverno. E' di un cliente di Firenze ed è stato realizzato dai carcerati di Bollate. La sera prima del Macef la falegnameria di Bollate è andata a fuoco, ma non ci arrendiamo» proclama Cattaneo.
Accanto alle griffe della casa ricompaiono i laboratori. Un costume candido come neve con una corazza in pelle: la novità 2013 è Fresia, la donna guerriera di Nicoletta Cattaneo, bergamasca, che da trent'anni confeziona per feste e party. «Non c'è stagione per un bel costume. Oggi l'epoca «in» è quella dei primi guerrieri. I miei abiti vengono usati per ricorrenze di compleanno, laurea e matrimoni. Un lungo da damina costa sui settecento euro, per questo le spose lo preferiscono a tanti vestiti ormai troppo prezzati. Inoltre si possono affittare, compresi quelli per le invitate».
Ha iniziato a vendere sul suo sito personale la veronese Camilla Oliosi, 28 anni. E' la prima volta che espone al Macef i suoi colletti - collane di pizzo e carte da gioco, gli orecchini fatti con stoffe e tappi di sughero delle bottiglie. «Per anni ci hanno insegnato a buttare via le cose. Perché? Una vecchia camicia può essere rivitalizzata con un solo accessorio. Ho frequentato un corso di sartoria due anni fa e ho cominciato ad innamorarmi della buona, antica stoffa delle nonne. Lavoro esclusivamente a mano con altre due sarte. Vorrei aprire un negozietto stretto e lungo. A metà negozio una vetrata che divide lo spazio della vendita dalla sartoria che sarà visibile. Le donne devono vedere il bagliore dell'ago».
Tra palle natalizie tigrate e leopardate, in perfetto stile tribale, espositori di fuochi d'artificio e petardi che dal 2017 saranno messi a sicurezza secondo normativa europea, c'è anche Manjyot Singh Anand, indiano.

Borse con frange e cinture intessute di microperline sempre rigorosamente a mano. «Sono meglio di quelle di Ralph Lauren!» esclama una compratrice. Beh, verrebbe da rispondere, sono fatte dalle mani tribali che da secoli le fanno. Mani: strumento che non ha mai conosciuto la parola crisi.

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