Lultimo disco. Le luci che si accendono. La folla che esce e saluta. «Ci vediamo in autunno». È il rituale che si consuma da 30 anni al Plastic, il club più underground e trasgressivo della notte milanese, quando inizia lestate e il locale va in vacanza. Ma domani larrivederci si trasformerà quasi sicuramente in addio. Lo storico Plastic, infatti, è vicinissimo allo sfratto. Ironia della sorte, solo sei mesi dopo avere ricevuto dal sindaco Letizia Moratti lAmbrogino doro per aver «segnato il costume della città e contribuito a trasformare Milano nella città della moda».
Il contratto di locazione è infatti scaduto e le trattative con la proprietà dellimmobile di viale Umbria 120 non hanno portato a nessun accordo. Il 6 luglio il giudice si pronuncerà e allora potrebbe essere la fine della disco amata da Madonna, Freddy Mercury e Andy Warhol. «Abbiamo provato a cercare unintesa con la Casarosa srl (la società proprietaria dello stabile, ndr) e a un certo punto sembrava cosa fatta una proroga fino a giugno 2011. Poi però hanno fatto marcia indietro e ora non ci resta che confidare in un miracolo», dice Lucio Nisi, patron del Plastic e del ristorante Le Petit Jardin. Che il club rischiasse la chiusura lo si sapeva da tempo. Tanto che diversi personaggi del mondo dello spettacolo e della musica erano scesi in campo per difenderlo e anche lamministrazione comunale si era interessata alla questione, con lassessore al Tempo Libero Alan Rizzi che apriva alla possibilità di conferire al Plastic una sorta di marchio come si fa già con i negozi storici. Ma tutti confidavano nella possibilità di un accordo temporaneo, in attesa di cercare unaltra soluzione più garantista per il futuro. Cosa che lavvocato della Casarosa srl Giuseppe Menotti si sente ormai di escludere. «Il mio cliente non vuole assolutamente dare lennesima proroga al locale. Cè un progetto di riqualificazione in ballo e non si può perdere altro tempo. Dopo il 6 luglio, se il giudice la penserà come noi, gli inquilini delledificio e il Plastic saranno costretti ad andarsene».
«Sarebbe bellissimo che il Plastic invece restasse dove è - risponde Nisi -, perché quelle sale rappresentano molto per Milano e perché solo un anno e mezzo fa abbiamo completato i lavori di ristrutturazione, costati 200mila euro. Ma saremmo pure disposti a trasferirci, sempre che il Comune ci aiuti a trovare unalternativa. A oggi non ce labbiamo e al di là delle parole nessuno ce lha presentata concretamente». E se davvero martedì prossimo il Plastic fosse sfrattato, a quel punto non ci sarebbero i tempi tecnici per riaprirlo a settembre. Un rischio che potrebbe portare alla sua morte definitiva.
«Stiamo cercando unarea dismessa - dice Alan Rizzi -, unarea da riqualificare che rappresenti al meglio lessenza del Plastic, ciò che lha fatto diventare famoso in tutto il mondo. Ma è chiaro che lurgenza dei tempi ci complica di molto le cose». «Anche volendo, ci vogliono minimo due mesi per predisporre e assegnare il bando - spiega allarmato Pierfrancesco Maran, consigliere del Pd e amico del Plastic -. Ecco perché sarebbe il caso che il Comune cercasse una soluzione rapida.
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