In platea con l’acquolina in bocca: così i sapori conquistano il cinema

Film e buona tavola sono legati a doppio filo: ora due libri raccontano le ricette più succulente cucinate sul grande schermo, da «Via col vento» a «Chocolat»

Quanto si mangia al cinema. Purtroppo anche in platea. Frastuono e lezzo di popcorn a parte, sullo schermo da sempre si rincorrono leccornie di ogni tipo. Compito dunque facile, però nessuno ci aveva pensato prima, quello della giornalista Laura Delli Colli, stimata narratrice della settima arte e meno conosciuta gourmet, di riunire nero su bianco le sue passioni. Come spiega lei stessa nella breve prefazione dei due volumetti dedicati al doppio tema, Il gusto del cinema italiano e Il gusto del cinema internazionale. Editore Cooper (un cognome, una garanzia), 12.50 euro, l’uno.
Ecco quindi srotolarsi accanto ai 240 film citati, 120 nostrani e 120 foresti, altrettante ricette. Roba da restare a bocca aperta, un po’ per la elefantesca memoria dell’autrice, un po’ anche per la sorgente acquolina. Chi si ricordava, per esempio, che in Via col vento (film&ricetta numero 78 del libriccino estero) Mamie, la colf nera da Oscar, porta alla capricciosa Rossella un vassoio di dolcetti del Sud? E puntuali ecco le istruzioni per preparare un perfetto muffin. Facendo un salto in avanti di oltre mezzo secolo, e indietro di ventisei pagine (ciak numero 51), l’Agatha Christie dei fornelli scopre in flagranza di reato (attentato al colesterolo) che l’algida Nicole Kidman in Moulin Rouge non si lascia sedurre dalla terrina di patè dal subdolo duca di Worchester, convinto di poter prendere per la gola la ballerina dei suoi sogni.
Più semplice rammentare le prelibatezze sfornate, è il caso di dirlo, in film dove si sta tutto il tempo, anzi, tutti e due i tempi, a tavola. Infatti in Il pranzo di Babette, ambientato nella Danimarca del 1871, le ricette raddoppiano (77 e 78): sembra quasi di sentire il profumo del blinis e della quaglie en sarcophage. Primo e dolce sono il menu riferito a Chocolat: per i golosi ecco la torta di Madame Vianne (la deliziosa Juliette Binoche, da mangiare almeno con gli occhi, decisa, e ci riuscirà, ad aprire una pasticceria nella Normandia bigotta del 1959) ricetta numero 102, e zuppa del Guatemala, numero 103.
Passando al reparto italiano del ristorante Delli Colli, ci sono ricette popolari, ma sempre da leccarsi i baffi, e altre più sofisticate, nel senso migliore del termine. Così al numero 50 appaiono l’indimenticabile (tant’è noioso) L’albero degli zoccoli e la plebea polenta (30-40 minuti quella vera, mica quelle ciofeche già pronte). Un piatto in vistoso contrasto con l’anatra all’arancia della commedia omonima (numero 71), dove Ugo Tognazzi, tenendo fede alla propria duplice fama, si bea anche con le cosce da gran premio di Barbara Bouchet. Non manca qualche sorpresa, come ritrovare il risotto alla milanese (numero 46) sotto il film Incantesimo napoletano. Roba da far inorridire i leghisti di ogni ordine e grado. E che dire di Vittorio Gassman che in Il sorpasso si fa una scorpacciata di lasagne al pesto in Versilia?
Alberto Sordi, lo sanno tutti, ingurgita in un battibaleno una cofana di spaghetti al pomodoro in Un americano a Roma (numero 12). A pochi probabilmente tornerà invece in mente, che in Il mafioso (numero 16), il sicario suo malgrado Nino Badalamenti va pazzo per gli spaghetti al nero di seppia e in Dove vai in vacanza? il fruttarolo Remo si riempie uno stomaco svuotato dai pasti intelligenti programmati da figli ridicolmente snob, di una porzione super di pappardelle al sugo di lepre.

Poveretto, in Tutti a casa (numero 8) il sottotenente Alberto Innocenzi, fascista dopo i titoli di testa e partigiano prima del tragico finale, si era dovuto accontentare di una minestra di cicoria. Ma era l’8 settembre del ’43. Sia perciò assolto in tavola e al fronte.

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