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Platini: «Il G-14 non vuole la Pro Vercelli tra le grandi»

Il vice presidente Fifa: «Le maggiori squadre europee impediscono alle piccole di crescere. Ma così, giocando sempre fra di loro, allontanano gli appassionati»

Tony Damascelli

Allora, signor Platini, dicono che lei sia un nemico dei grandi club.
«Non è vero, non sono così stupido, i grandi club fanno parte della storia del calcio, sono il simbolo di cento anni di sfide, di rivalità tra città, di illustri allenatori, di grandi calciatori. Sono questo e non quello che sono diventati».
Vale a dire?
«Una associazione che bada soltanto a fare soldi, un circolo di club ricchi».
Il calcio professionistico deve gestire i soldi, non può fare opere caritatevoli.
«Non ho mai detto una cosa del genere ma so anche che per l’Uefa i punti di riferimento e di dialogo sono le federazioni, c’è scritto così nella ragione sociale, Unione europea delle federazioni calcistiche».
Dunque nessuna possibilità di comunicare con il G 14.
«A parte il fatto che non sono 14 ma 18, direi che l’Uefa ha fatto moltissimo per i club. Controllate le cifre che vengono garantite per le varie coppe, mettetele a confronto con il passato. Sapete quale è la verità?».
La sveli lei, la sua almeno.
«Che non vogliono, lo dico con un paradosso, che anche la Pro Vercelli o il Pinerolo abbiano la possibilità di diventare grandi club. Ci sono loro e basta, stabiliscono loro i criteri».
Ma anche l’Uefa ragiona così, ha potere e lo esercita.
«C’è una cosa che qualcuno fa fatica a comprendere: chi vuole appartenere a un mondo di potere deve essere eletto e non nominato. Loro pensano che poiché hanno le tivvù che pagano, gli sponsor che garantiscono, allora la piramide è perfetta».
Perché non è forse così, a parte il mondo dei sogni?
«Il Milan e la Juventus sono grandi e importanti oggi perché lo sono stati anche in passato, nel senso che esistono perché c’era un altro Milan, c’era un’altra Juventus».
A parte la demagogia, la realtà è un’altra.
«La realtà è che vogliono giocare esclusivamente tra di loro, con il rischio che la gente si ritiri lentamente dal calcio. Questo sport è stato sempre un fattore di rivalità tra piccoli e grandi, non tra grandi e grandi».
L’Uefa avrà pure commesso qualche errore.
«Penso che ci siano alcune cose da modificare. Prendete la questione relativa agli indennizzi richiesti per i calciatori convocati in nazionale: si può e si deve trovare un compromesso tra i club e le federazioni, arrivare a una assicurazione che copra questi rischi. Ne parlo con Galliani che è un dirigente preparato, facciamo parte di una task force per questo lavoro».
E l’indennizzo?
«La Juventus compra Zidane per 5 miliardi, lo rivende per 140 e poi chiede anche l’indennizzo alla Fifa».
Anche trent’anni fa il calcio viveva di soldi, i calciatori sono sempre stati dei privilegiati.
«Oggi il mercato è fattore decisivo. Il gioco non è popolare perché girano gli euro, il gioco è bello perché i calciatori sono buoni calciatori».
Perché in Italia non ci sono casi di ex calciatori al vertice del governo calcistico, come lei in Francia o in Uefa e Fifa o lo spagnolo Villar o ancora Beckenbauer?
«Beckenbauer non è stato eletto ma nominato, Villar e io, invece, ci siamo candidati, abbiamo partecipato alle elezioni e siamo stati votati. Dunque perché un ex calciatore italiano possa arrivare ai vertici deve candidarsi, deve lottare per le idee e non per un posto, il potere è importante, piace a me, a tutti ma va raggiunto con l’impegno».
All’estero largo ai giovani del vivaio, in Italia largo agli stranieri.
«I club italiani devono vincere subito, non rischiano, almeno pensano che sia meglio fare così».
Che reputazione hanno i nostri dirigenti a livello internazionale?
«Carraro ha il merito di essere nell’esecutivo ma ha la fama di uno che ha sempre fretta di tornare a casa perché ha del lavoro da sbrigare. Ma sa quello che si deve fare».
E gli altri?
«Gli altri non fanno parte dell’Uefa, noi conosciamo soltanto la Federcalcio».
Guardi che in Italia la Lega conta più della Federcalcio.
«Spero di no. La Federcalcio è la madre del calcio nazionale».
Cosa pensa della triade juventina?
«Tre grandissimi dirigenti, che potevano volere di più i tifosi della Juventus?».
Un consiglio a Berlusconi
«Non politico, ovviamente. Lo ringrazio perché il Milan offre una bellissima immagine del calcio, in campo e fuori. Vi aspetto tutti a Parigi».


Val bene una messa ma anche una finale.

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