Come previsto, dopo la decisione della Cassazione del 5 giugno, che aveva annullato lordinanza del gup Maurizio De Matteis, rinviando gli atti al tribunale di Genova, è ripartito da capo, dinanzi al giudice Lucia Vignale, il processo con rito abbreviato a carico di Angelo Piro, 42 anni (difeso dagli avvocati Pietro Bogliolo e Angelo Paone), il metronotte che la sera del 2 agosto 2006 freddò con quattro pistolettate lamante della moglie, Giovanni Grasso, dopo averli sorpresi nella casa dei suoceri, in via Capri 29. Si riprende con un nuovo scenario (giudici e pm diversi, avendo Pier Carlo Di Gennaro passato il testimone al collega Vittorio Ranieri Miniati), ma anche con interessanti novità. Perché ieri il pm Miniati, contrariamente a quanto fatto in precedenza da Di Gennaro, ha contestato allimputato (attualmente agli arresti domiciliari in una comunità di Busalla) la premeditazione. Non è una differenza da poco, perché si tratta di unaggravante, che con labbreviato, innalza la pena a 30 anni di reclusione (Di Gennaro aveva contestato lomicidio volontario semplice, chiedendo 16 anni di reclusione, che con lo sconto di un terzo si traducono in 14 anni. Il gup De Matteis rigettava però listanza, rimandandogli gli atti per un supplemento di indagini. Di Gennaro ricorreva in Cassazione, che accogliendo il ricorso ordinava un nuovo processo. Ma non essendo il pm in quel momento disponibile, per motivi di salute, il procuratore Francesco Lalla assegnava il fascicolo a Miniati).
A metà agosto Santina Grasso, sorella della vittima, ha scritto una lettera al ministro Mastella, invocando giustizia, «perché mio fratello è stato giustiziato» essendosi trattato di un omicidio premeditato.
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