Il pm: «I 4 carabinieri inquinarono le prove»

Due indagati finirono nell’inchiesta per furto ed estorsione ai danni di spacciatori africani

Enrico Lagattolla

Uno «stop» che non viene rispettato, l’urto tra due auto, uno dei due conducenti che ha la peggio e muore, l’altro - una donna - che chiama i carabinieri. Tra questi, anche il suo fidanzato. Che, assieme ad altri tre militari, avrebbe fatto in modo di scagionare la ragazza, e far ricadere la responsabilità dell’incidente sull’automobilista defunto. Redigendo un verbale fasullo, con tanto di testimonianza falsa di una conoscente, e facendo sparire le foto scattate sul luogo dell’incidente. Sono le conclusioni del pm Nicola Di Plotti, che ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro carabinieri di Corsico (accusati a vario titolo di abuso d’ufficio, falso ideologico e materiale, occultamento di atti pubblici, e due dei quali già coinvolti in un’altra indagine della procura che ha portato all’arresto di nove militari), la presunta responsabile del sinistro (per omicidio colposo), e un ultimo indagato che si sarebbe occupato di rintracciare il falso testimone.
È il 12 ottobre del 2002. È notte, e piove. R. O. percorre la statale 494 in direzione Abbiategrasso. Giunta a un incrocio di Cesano Boscone, la donna non rallenta, né rispetta la precedenza. Urta violentemente l’auto di M. F., causandogli lesioni alla milza, al fegato, ai polmoni e al bacino. L’uomo muore.
R. O. chiama i carabinieri, e contattata anche il fidanzato, anche lui militare. Da quel momento in poi, è una sequela di illeciti. Primo, viene alterato il verbale di sequestro delle automobili, e cancellata l’indicazione dell’affidamento in custodia di uno dei due veicoli, mandato in un autoparco di Corsico. Secondo, il fidanzato della donna chiama un amico, a cui chiede di trovare il falso testimone oculare. E lo convincono a rilasciare una dichiarazione, allegata al verbale contraffatto. Dichiarazione «resa da C. L. - è scritto nel documento - presentatasi presso questi uffici alle ore 05.15 circa di sua spontanea volontà», e in cui si dice che R. O. non ha responsabilità nell’accaduto. In ultimo, viene fatto sparire il rullino che conteneva le fotografie dell’incidente, «privando il rapporto di sinistro stradale - scrive il magistrato nella richiesta di rinvio a giudizio - di un allegato essenziale per l’accertamento del fatto». Il tutto «procurando a R. O. un ingiusto vantaggio patrimoniale - annota ancora il pm - consistito nel sollevarla dalle obbligazioni civili nascenti dal sinistro», e causando ai familiari della vittima «un danno ingiusto rappresentato dal mancato risarcimento dei danni conseguenti alla morte del congiunto».
Un episodio che il pubblico ministero - affidandosi alla documentazione prodotta dai carabinieri - stava per archiviare, e riaperto grazie all’opposizione del legale dei familiari della vittima, l’avvocato Alessio Straniero. Che rileva diverse incongruenze nella ricostruzione fatta dai militari.

Tra le altre, comunicare ai parenti della vittima la morte di M. F. solo il giorno successivo all’incidente, e chiedere loro di occuparsi della demolizione dell’auto, nonostante su questa fossero in corso delle perizie.

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