da Siracusa
La nota del ministero delle Infrastrutture arriva troppo in fretta. «Poca attenzione verso i sistemi di sicurezza della struttura e in particolare della messa in quiete del cemento armato dei pilastri di appoggio». Sono queste, fanno sapere i tecnici di Antonio Di Pietro, le cause del crollo avvenuto sabato in un cantiere dellautostrada Siracusa-Catania, che ha provocato la morte di un operaio e il ferimento di altre 14 persone.
In serata arriva poi una precisazione: questa è solo unipotesi. Le vere cause del crollo sono ancora tutte da stabilire. Il ministro ha nominato una commissione dinchiesta per verificare le prime impressioni. Lunica certezza di Antonio Di Pietro al momento resta «la ferma posizione e la volontà di rivedere la gestione e i subappalti dati dal general contractor».
Sulla vicenda sono aperte due inchieste, una dalla Procura di Siracusa, che ha sequestrato il cantiere che è costantemente sorvegliato anche per motivi di sicurezza (non si esclude la possibilità di nuovi crolli), e laltra dallAnas, il cui presidente, Vincenzo Pozzi, ha istituito unapposita commissione.
Intanto, la Procura di Siracusa ha fatto sequestrare dei campioni di pezzi di cemento armato nel cantiere e fatto interrogare, da polizia e carabinieri, i feriti e i testimoni della tragedia. Tra loro, ancora sotto sotto choc, cè Giuseppe Langella, 22 anni, operaio stagionale campano che è uno dei due feriti gravi ricoverati allospedale Cannizzaro di Catania. Sta meglio e migliora, lentamente, pure Antonino Carraturo, 46 anni, anche lui proveniente della Campania, che è in rianimazione con la prognosi riservata.
«Allimprovviso - rievoca Langella - ho sentito tutto sotto di me crollare, poi urla e dolore. È accaduto tutto in un attimo: non cè stato nessun segnale premonitore. Tutti noi che eravamo sul ponteggio siamo precipitati. Ho sentito i colleghi gridare, tutto si è svolto in frazioni di secondo. Un botto e allimprovviso giù a terra...».
Langella non ha perso i sensi durante la tragedia: «Sono rimasto sempre sveglio e presente a me stesso. Ero cosciente, lunico problema era quello di respirare per la polvere che si era alzata. Abbiamo visto subito il collega morto, lo conoscevamo poco perché era con noi da meno di una settimana».
«Nel cantiere - sostiene loperaio - tutto era in regola, nessuno ci metteva fretta. I sistemi di sicurezza erano rispettati: lavoravamo con caschi, cinture e tutto il necessario. Si lavorava serenamente perché nessuno ci metteva fretta.
Della tragedia ha parlato allAngelus papa Benedetto XVI, osservando che «serve maggiore attenzione alle condizioni di sicurezza sul lavoro» affinché non si ripetano «simili drammatici eventi».
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