Non sarà stata allaltezza della Parigi che si esalta con lExpo del 1900, Torino; ma quando anche la città della Mole celebra (1902) i propri fasti con una grande Esposizione, vi si colgono i segni di uno stile che non è tutto di riporto. Cè un tratto di originalità, manifesta in più campi: specie nellarchitettura cittadina, e ne danno conto le belle immagini di Nino Lucchesi a corredo di un libro piacevolissimo dedicato ai poeti, non sempre né solo «crepuscolari», che vissero in quel periodo nellormai ex capitale del Regno.
Torino Art Nouveau e crepuscolare. Poeti e luoghi della poesia, a cura di Roberto Rossi Precerutti (Crocetti, pagg. 136, euro 25) antologizza diciassette di quei poeti, torinesi o comunque formatisi in unatmosfera che, quanto alla poesia, tocca notoriamente il suo vertice in Guido Gozzano ma che non può prescindere dalla figura di Arturo Graf (1848-1913), poeta lui stesso - in un «verso minore», lottonario - e professore alluniversità ma anche il sabato in libere, frequentatissime lezioni. Accanto a quello di Precerutti, due brevi saggi di Giovanna Ioli e Dario Capello ci familiarizzano con un clima e un gusto che non è detto si esprima a un livello inevitabilmente «minore».
La tipologia umana non si esaurisce nella superficiale gaiezza delle «crestaie» o nelle guaine di seta delle «femmine folli» come le designa il titolo di un libro di Amalia Guglielminetti, unica poetessa accolta in questo repertorio. Dove sincontra qualche nome degno di più approfondite riletture, da Cosimo Giorgieri Contri a Giulio Gianelli (il suo «non guarisce e non muore/ il dolce infermo che agonizza in me», potrebbe essere la sigla alla comprensione della fiammella esile e tenace a cui si scaldano alcuni di questi poeti) al quasi ignoto Giovanni Croce. Ma non si potrà assimilare alla cerchia dei tetri lErnesto Ragazzoni della Elegia del verme solitario, né il giovane Massimo Bontempelli che accompagna In automobile una bella signora e i due cani di lei. Lautomobile: siamo in lieve anticipo sul culto che le tributeranno i futuristi.
Poetico «crepuscolo» nella Torino del 900
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