«Polacca? Allora niente risarcimento»

Una coppia perde la vita Lui è italiano, lei straniera Solo la famiglia dell’uomo riceve 350mila euro

Due ragazzi. Italiano lui, polacca lei. Lo stesso giorno, in sella allo stesso scooter, vittime dello stesso incidente. E anche la sorte è la stessa, l’incidente è mortale. Solo una cosa è diversa. Perché la vita di Gianluca, stabilisce l’assicurazione, vale 350mila euro. Quella di Dorota, invece, niente. Niente perché è straniera.
Agosto 2004, le 11 del mattino del 18, vacanza a Porto Cervo. Gianluca e Dorota Jakubovska, modella polacca da anni in Italia, viaggiano in motorino. Un’auto è ferma in strada, sta per svoltare a sinistra, un secondo veicolo la tampona e invade la corsia opposta, travolgendo i due ragazzi. Gianluca muore sul colpo. Dorota resiste. Otto giorni di agonia in ospedale. Otto giorni di dormiveglia, qualche parentesi di lucidità per chiedere «aiuto». Il 21 agosto viene intubata. Lo stesso giorno ha un primo arresto cardiaco. Ancora una settimana. Il 28 agosto Dorota muore.
I familiari dei due giovani vengono contattati dall’assicurazione. Le responsabilità dell’incidente - in sede penale - sono chiare. Il protagonista del tamponamento viene rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio colposo. I genitori di Gianluca, in pochi mesi, ricevono un risarcimento di 350mila euro. Quelli di Dorota, invece, hanno un’amara sorpresa. La compagnia assicurativa, infatti, prende tempo. Cerca un accordo al ribasso, senza formalizzare l’offerta. Perché, «la vita in Polonia costa meno», è la spiegazione. La famiglia Jakubovska, con l’avvocato Andrea Barelli, decide di intentare una causa. La battaglia legale è solo all’inizio.
Una prima lettera viene inviata all’assicurazione. Barelli chiede che anche ai familiari della giovane venga riconosciuto un risarcimento. Niente. Il legale denuncia il «comportamento lesivo di Fondiaria Sai Assicurazioni», che «liquida» i familiari di Gianluca con una cifra pari al doppio di quella «paventata, e comunque mai offerta» ai parenti di Dorota. Perché, di fatto, di proposte ufficiali non ne vengono fatte.
Il 20 settembre del 2005, Barelli presenta un esposto all’Isvap perché la «compagnia di assicurazione gravata dal dovere di risarcimento» non ha «predisposto la benché minima offerta risarcitoria», e chiede di «verificare chi, come e quando, con la propria inerzia e imperizia, ha finora impedito ai parenti di una persona che ha perso la vita in un incidente stradale di avere il giusto risarcimento». La causa civile prosegue. E si sfiora il caso diplomatico. Il 14 febbraio 2006, infatti, viene depositata in tribunale la lettera del Consolato generale della Polonia a Milano. A scrivere, la viceconsole Ewa Adamczyk. «Si prega di informare questo ufficio del perché agli eredi di Dorota non è stata offerta alcuna somma di denaro a titolo di risarcimento, mentre i familiari del cittadino italiano che viaggiava a bordo dello stesso motoveicolo sono già stati risarciti». Lineare, la logica. «Il Consolato sarebbe grato - prosegue la lettera - per una breve delucidazione in merito alla legge italiana sul principio di reciprocità e uguaglianza di trattamento degli stranieri e dei cittadini italiani.

Si prega di voler indicare la legge italiana sulla base della quale la vita di una cittadina polacca vale meno della vita di un cittadino italiano». Dalla prossima udienza, fissata per il 20 luglio, il Consolato e i familiari di Dorota aspettano una risposta.

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