La polemica Quei soloni che non sanno nulla dei leghisti

Caro direttore,
ti ringrazio dello spazio che mi concedi per replicare alle critiche che mi ha rivolto Il Riformista di sabato scorso, facendo il contrappunto a un mio articolo - «Guai a sottovalutare il disagio del Carroccio» - apparso sul tuo Giornale il 28 aprile e dedicato al pacifismo della Lega.
Federico Fornaro mi definisce «novello» Miglio. Ciò è davvero irriguardoso nei confronti dell’illustre professore lariano, ineguagliato Maestro di federalismo. Sono semplicemente uno studioso e con quell’articolo non ho tentato di trovare nessuna copertura storico-culturale alle posizioni di Bossi e della Lega, come sostiene Fornaro. Ho solo inteso alzare il tono del dibattito, rovistando nelle radici ideologiche del Carroccio, nella sua storia e nei suoi legami con il federalismo integrale e personalista.
Senza dimenticare che, raccogliendo l’eredità dell’irenismo settecentesco, il federalismo è - per sua stessa natura - incline al pacifismo, come dimostra Kant.
Padri nobili e robuste basi dottrinarie: questa è la Lega e così si spiega il suo modello di federalismo. Ben al di là della Questione Settentrionale che, dal punto di vista della circostanza storica e dell’affermazione elettorale, ne legittima solo l’ascesa, sin dalla fine degli anni Settanta, in quanto espressione dell’esigenza di rappresentanza politica e di tutela degli interessi e delle istanze del Grande Nord.
Mi duole leggere un contrappunto in cui non si entra nel merito delle radici ideologiche. L’assunto di base è che l’atteggiamento di taluni esponenti della Lega - si tirano in ballo Borghezio e Gentilini - non abbia nulla a che fare con il pacifismo connesso alle dottrine del federalismo. Ma che banalità! Non c’è proprio null’altro di più serio da contrapporre, in termini di ragionamento politologico, che fare riferimento ai toni esagerati - peraltro rivolti ai militanti - di alcuni esponenti del Carroccio? Questo certifica un mio profondo convincimento: che della Lega tutti gli analisti e i commentatori - anche quelli che scrivono ponderosi libri - abbiano capito, in questi anni, davvero poco o nulla. E ciò che scrivono è addirittura offensivo per la loro intelligenza, oltre che intellettualmente assai poco onesto e comunque confuso. In ogni circostanza c’è sempre un Borghezio da tirare in ballo per confutare le politiche della Lega, senza cercare di comprenderne in profondità le motivazioni ideologiche e i referenti teorici.
In ogni caso, un conto è sollecitare le corde del popolo padano sul piano interno, altra cosa è assumere delle ferme prese di posizione sul terreno della politica estera e delle missioni militari. Sono due livelli diversi. E la posizione contraria alla guerra della Lega si spiega anche con il timore che le bombe possano scatenare un’ondata migratoria poi difficilmente gestibile.
Questo è avvenuto: dopo il primo bombardamento in Libia, infatti, sono arrivati circa un migliaio di profughi al giorno, nel nostro Paese. L’incremento di spese per il Nord, in tal senso, è poi da mettere in connessione con le manovre economiche alle quali ci inchioda l’Unione europea nei prossimi due anni; manovre che - come sempre - graveranno sulle spalle, e sulle tasche, dell’area più produttiva, quel Grande Nord che copre oltre il cinquanta per cento del Pil e che, ogni anno, stacca un assegno di oltre cinquanta miliardi di euro a beneficio del resto del Paese.
Alle origini del consenso alla Lega c’è proprio questa forma di disagio. Altro che localismo. È un modello di conservatorismo civico comunitario molto interessante da studiare, che guarda all’Europa dei popoli, non dei burocrati e dei tecnocrati, e a relazioni internazionali pacifiche, nel segno del sacrosanto principio dell’autodeterminazione. E pensa al federalismo come all’unica medicina in grado di risolvere i mali strutturali di questo Paese.
Su tutto ciò il Carroccio raccoglie i suoi consensi.

Con buona pace di quelle (e sono tante, lo sai) presunte «verginelle» imparziali che ci ammorbano con i loro interventi sui giornali e in tivù. E alla fine, sono assai più compromesse - dal punto di vista ideologico e partitico - di molti altri.

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