Polemiche e liti nell’Unione: l’elezione degli italiani all’estero diventa un reality

C’è scarsa attenzione sulla campagna elettorale degli italiani all’estero che, per la prima volta, eleggeranno 12 deputati e 6 senatori. Certo, le risse che li dividono in queste ore - il voto è ormai alle porte perché le schede devono rientrare al massimo per il 6 aprile nei consolati sparsi ai quattro angoli del pianeta - non sono minimamente paragonabili alla disfida politico-mediatica-giudiziaria in atto nella penisola. Ma anche fuori dai nostri confini non è che manchino asprezze, sospetti, turbative.
Franco Danieli, senatore della Margherita e coordinatore assieme all’europarlamentare ds Gianni Pittella del voto per l’Unione prodiana, ad esempio, si scaglia con veemenza contro «alcuni ambasciatori» del Sudamerica, che a suo dire si sono fatti coinvolgere troppo dalle missioni di Tremaglia che, rifiutata una lista comune di centrodestra, se n’è fatta una personale. Dall’altra parte della barricata, Dario Rivolta, coordinatore di Forza Italia nel mondo, fa sapere che in un suo recente soggiorno negli Usa s’è visto rovesciare addosso una valanga di proteste perché nelle Americhe Rai International, in prime-time, trasmette sempre e soltanto il Tg3. «È assurdo che mentre in Italia si impone la par condicio, nei paesi dell’America i partiti di sinistra godano di un vantaggio a mo’ di spot elettorali continui spacciati da informazione!». Né mancano accuse al nostro ambasciatore a Berlino per avere organizzato una visita di Ciampi in Germania proprio l’ultima settimana di marzo, e cioè a urne aperte.
Piovono polemiche anche tra i candidati. Quelli di centrodestra, in Argentina, si uniscono a quelli di centrosinistra contro la lista di Luigi Pallaro, un ricco imprenditore di origine veneta che nelle elezioni dei Comites (rappresentanze italiane all’estero) aveva cumulato un autentico tesoretto di 11mila preferenze e pare lanciato verso Palazzo Madama. «Sta spendendo un sacco di soldi pur di riuscire», malignano di lui. Mentre in Europa non mancano ripicche all’interno dell’Ulivo visto che un candidato di Rifondazione, l’infermiere Alberto Sipione, tiene a rendere noto di essere «l’unico lavoratore in lista», dato che gli altri non sarebbero che grigi burocrati di patronati sindacali o organizzazioni similari, certi di poter arraffare consensi per le tante pratiche espedite. La cosa più singolare che riguarda questa miniguerra che si va combattendo all’estero, è però l’estrema sfiducia con cui i partiti italiani, pur prendendovi parte, guardano alla novità. Temono l’irrompere di personaggi che si faranno solo i fatti loro o che cercheranno di assalire la diligenza finanziaria per soddisfare i loro clientes o, magari, saranno fin troppo sensibili ai richiami dei governi dei paesi dove hanno le loro attività.

Insomma, se chiedi ufficialmente ai coordinatori di tutti i partiti dei due poli cosa pensino di questa novità, rispondono che sono in prima linea. Se li contatti più discretamente, ottieni da tutti la promessa che appena girato l’angolo del voto, questa legge va rivista. E molto in profondità.

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